Inter, l’artista Moratti e i due volti della rimonta

Rodrigo Palacio (Getty Images)

INTER, MORATTI E I DUE VOLTI DELLA RIMONTA / MILANO – Quattro mesi terribili, squadra a picco, senza identità. Confusa e azzoppata, privata del suo Milito, e del suo Samuel. Ancora dei pilastri, seppur al tramonto di carriera. La vittoria di Catania vale molto più dei tre punti. Tiene vive le speranze per il terzo posto, scappato quasi definitivamente al termine dei primi quarantacinque minuti del ‘Massimino’; riacciuffato al fischio finale dell’arbitro Bergonzi. Ci hanno pensato Handanovic, e gli errori del tridente siciliano, ad arrestare il declino del battaglione, poi i cambi di Stramaccioni – dr. Jekyll nei secondi tempi – e i gol decisivi di Rodrigo Palacio, gregario da una vita, insostituibile trascinatore da quando indossa la maglia nerazzurra. L’argentino ha già messo a segno 18 gol, quasi tutti decisivi: perché i gol di un attaccante si pesano, non si contano. Oggi, così come nei prossimi mesi, toccherà a lui, solo a lui, tenere su in piedi la traballante baracca, ringalluzzita dopo la rimonta di ieri, ma ancora, come dimostrato sul campo, tremendamente arrugginita e diroccata in più settori. Ha quasi 31 anni, è all’apice della sua carriera, che ha avuto alti e bassi come tanti, sicuramente nel suo momento migliore. Dirlo, è semplice oltre che banale: con Guarin, sono le speranze del tecnico interista, i giocatori che potranno consentirgli di restare a lungo, almeno nella prossima stagione, sulla panchina dell’Inter.

La ‘treccinaè il volto bello della rimonta, il sorriso beffardo diretto agli increduli catanesi, che pregustavano il doppio impacco ai nerazzurri: tre punti e sorpasso in classifica. Pazienza, sarà per la prossima volta. Il volto cupo è, invece, quello di Mateo Kovacic. Arrivato come il ‘messia’ dell’est, il giovane croato non ha ancora convinto appieno l’allenatore romano, che già deve fare i conti con l’equilibrio precario della squadra e dell’ambiente, che dà sempre la sensazione di poter all’improvviso esplodere. Il talento del centrocampista non è in discussione, molto di più il suo collocamento tattico: Stramaccioni è convinto di poterlo impiegare in futuro al centro della mediana, nelle vesti di regista: ruolo che ha raramente svolto nella Dinamo Zagabria. Tanto che, a parte qualche sprazzo di buona giocata, nella posizione di vertice basso di un centrocampo a tre, soprattutto nell’andata dei sedicesimi di Europa League contro il Cluj, ha mostrato evidenti limiti in fase di costruzione di manovra – tenendo il pallone per troppo tempo – e sotto l’aspetto della concentrazione. Difetti e lacune superabili col tempo, con abnegazione in allenamento e attraverso la fiducia del club, che dovrà essere incondizionata e altamente mediatica. E’ stato sostituito a fine primo tempo contro la Fiorentina (sul risultato parziale di 2-0), rimanendo in panchina sia nel derby col Milan che col Catania. Ieri stava per entrare in campo al posto di Guarin.

Fondamentale per l’agognato terzo posto, sarà l‘atteggiamento societario in questi ultimi mesi di stagione. Il diverbio Cassano-Stramaccioni (che accade e potrebbe accadere in qualsiasi club), ha messo in evidenza tutte le crepe di una dirigenza e di un presidente incapaci di tenere sotto controllo la situazione. Le ultime dichiarazioni rilasciate da Massimo Moratti (rileggi qui), hanno ulteriormente complicato il lavoro, del presente e in prospettiva, del giovane tecnico interista: “Io non c’ero, però vedo che tutti tendono a normalizzare l’accaduto: sono cose che possono capitare quando ci sono di mezzo degli artisti; bisogna capirlo. Multa? Non lo so, lascio che la dirigenza faccia le sue proposte“. Il patron nerazzurro, come si legge, anziché schierarsi apertamente dalla parte di Stramaccioni, ha in pratica ‘accarezzato‘ il suo dispettoso attaccante, con l’appellativo ‘artista’, a cui, è facile aggiungere ciò, è e sarà permesso questo e altro. Quasi come dire: ‘può fare quello che vuole’. A favore del ‘maleducato’ giocatore, non del suo allenatore. Niente di nuovo, in seno all’Inter.

 

Raffaele Amato


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