Ranocchia: “Avrei lasciato l’Inter anche da titolare. Qui non c’è pressione”

Andrea Ranocchia ©sampdoria.it
Andrea Ranocchia ©sampdoria.it

INTER RANOCCHIA / GENOVA – Intervistato da ‘Il Secolo XIX’, Andrea Ranocchia è tornato sul suo passaggio alla Sampdoria. L’avventura dell’ex capitano dell’Inter a Genova non è iniziata nel migliore dei modi (due errori facili costati altrettanti gol), ma il difensore non ha dubbi: “Sono più che felice di essere qui. Ho molti più stimoli, l’ho vissuta come una cosa semplice. Per molti passare dall’Inter alla Sampdoria sarebbe un passo indietro, ma per me no, sentivo il bisogno di cambiare per ritrovare serenità e divertimento nel gioco. L’ultimo periodo a Milano mi aveva un po’ logorato. Avevo diverse possibilità, anche all’estero, e anche allettanti dal punto di vista economico, ma ho fatto questa scelta. La Sampdoria è una società importante, dalla storia importante. Montella mi voleva fortemente e io ho detto subito di sì, poi i tempi si sono allungati per questioni burocratiche”.

Qui non sento la pressione. O meglio, la pressione forte era quella di Milano, mentre questa è di un altro tipo. Giorno dopo giorno sto ritrovando la passione che ultimamente avevo smarrito, e la pressione è l’opposto della passione. Penso solo a fare il meglio che posso per la mia nuova squadra, sto cercando di tornare in forma presto”. Gli viene poi chiesto come viva il suo trasferimento in prestito: “Perché, sono in prestito? In questo momento per me esiste solo il presente, la Sampdoria, battere l’Atalanta anche al 90′ con un’autorete. Poi si vedrà”.

“La mia esperienza all’Inter la definirei ‘educativa’. Mi ha fatto crescere molto, poi ho sentito che era il momento di andare via, e quando prendo una decisione la vivo al cento per cento. Se mi avessero detto che avrei giocato da titolare per tutto il resto del campionato, avrei comunque chiesto la cessione. Non ce la facevo più. Ausilio e Mancini sono stati molto corretti con me, e mi hanno dato la loro piena disponibilità. Mi hanno dato una mano”.

Alessandro Caltabiano

 

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