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Inter, ogni scusa è buona

Andrea Stramaccioni (Getty Images)

INTER OGNI SCUSA E’ BUONA / MILANO – Discontinua, goffa, a sprazzi. Potremmo incanalare il tutto in un semplice aggettivo: inesistente. L’Inter del nuovo fantomatico e impercettibile progetto si è fermata a Torino, il 3 novembre 2012. Come Gesù a Eboli: da quella sera non è stata più lei, per tanti e stavolta percettibili motivi: perché quei calciatori che consentirono alla squadra nerazzurra di cavalcare l’onda del successo si sono eclissati, cotti come un pensionato sulla spiaggia di Riccione in pieno agosto. I vari Samuel, Cambiasso e Milito, ovvero l’ossatura dell’Inter, dopo un paio di mesi di massimo splendore hanno dovuto, per problemi fisici (ultimo il grave infortunio accorso al ‘Principe’), alzare bandiera bianca, come e quanto accaduto nella passata stagione con Ranieri in panchina, capace come il giovane romano in questa stagione, di sfruttare, di spremere il più possibile i migliori ricavandone più punti possibili. Quei punti che tengono ancora accesa la speranza terzo posto. L’Inter non sa più vincere, in trasferta passeggia aspettando come un pugile suonato il colpo del k.o. E’ spenta, disattenta, confusa. Priva di idee come il suo allenatore, che cambia e ricambia come in un gioco virtuale sul calcio, formazioni, moduli, non trovando mai il filo conduttore giusto, né un’identita tattica e morale. Stramaccioni, dopo la vittoria sulla Juventus, è salito sul trespolo della superbia, autoconvincendosi, forse, di non aver più nulla da imparare né da dimostrare.

Ha avallato da perfetto aziendalista, interessato più alla propria poltrona che alle sorti della sua squadra, scelte di mercato e strategie societarie scellerate e discrepanti, dalla vicenda Sneijder agli acquisti di Rocchi e Schelotto, fino al sacrificio di Livaja, ceduto per “fare esperienza” (!). Nel contempo, non è riuscito a dare uno schizzo di gioco alla sua Inter, dedita al lancio lungo e ai due, ormai classici e prevedibili schemi: palla a Cassano (ghe pensa lu) o a Guarin; magari una sgroppata del colombiano ci fa vincere la partita, penserà Stramaccioni. Che anche ieri ha sbagliato quasi tutto: dalla formazione iniziale – Cambiasso al ruolo di mezz’ala destra, per esempio – ai cambi. Nel secondo tempo ha lasciato negli spogliatoi il giovane Kovacic, uno dei pochi a salvarsi nell’oribile primo tempo, inserendo al suo posto Ricardo Alvarez, offerto a mezzo mondo a gennaio (inutilmente) perché non rientrante nel progetto tecnico-tattico, per poi reinventarlo a ‘salvatore della Patria’.

Stramaccioni è in balia di se stesso, davanti le telecamere appare sempre più in affanno, annaspa, non sa più che scusa inventare. Finora le ha provate tutte: dalla scusa degli infortuni a gli errori arbitrali, ma ieri si è letteralmente superato. Addossando buona parte delle responsabilità all’Europa League che, a sua detta (in parte è vero), toglie energie fisiche e mentali. Ma una grande squadra deve essere abituata ai tanti impegni, a giocare ogni tre giorni. Per essere più freschi atleticamente basterebbe non entrare nelle coppe, riducendo le proprie ambizioni a quelle di un Siena qualunque. Per Strama ogni scusa è buona. Intanto, senza scuse, il suo amico Montella gli ha rifilato quattro gol. La zona Champions è ancora vicina, il derby è alle porte: il tecnico nerazzurro deve ritrovare in poco tempo convinzione e coraggio: ci riuscirà?

 

Raffaele Amato

Raffaele Amato

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Raffaele Amato

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