INTER ANALISI RENDIMENTO RANOCCHIA GUARIN / MILANO – Dopo un rigore inventato, e una rissa da voltastomaco risulta assai complicato dibattere in modo serio e professionale su una partita di calcio, o sui protagonisti dell’ultima sconfitta casalinga, la terza consecutiva, della squadra nerazzurra di Stramaccioni. Il quale ha ormai perso il controllo della situazione, questo da qualche tempo: situazione e ambiente molto più grandi di lui, che è solo un giovane tecnico con un’unica grande voglia: allenare. Impossibilitato a fare il suo mestiere per una serie di motivi concatenati tra loro, si è ridotto negli ultimi mesi, giusto in larga parte, a commentare più gli errori arbitrali che le magagne da campetti di periferia della sua Inter: anche ieri, al di là dello scandaloso episodio, si è fatta rimontare da una buona Atalanta, brava a punire la spossatezza dell’undici nerazzurro, fragile in fase difensiva perché priva, fin da inizio stagione, di un equilibrio fra i reparti, che molto spesso agiscono senza filo conduttore, in mancanza di una vera e propria logica. Durante ogni partita, l’Inter dà la sensazione che possa subire da un momento all’altro almeno un gol, questo esclusivamente dagli interpreti schierati dall’allenatore.
Il ‘Giaguaro’ non morde più – Corpo e mente inabissati chissà dove. Fredy Guarin non è più lui. Svogliato e svuotato. Ha perso il passo da sfrontato, il centrocampista colombiano. Anche ieri ha trotterellato in mezzo al campo: sconclusionato in fase offensiva, dove a più riprese ha provato a scardinare l’attenta, ma non impenetrabile, difesa dell’Atalanta con azioni personali che nulla hanno a che vedere con il calcio: gioco di squadra, anzitutto. Sembra fuori forma, compassato, come se non avesse più nulla da dare a questa tremenda stagione dell’Inter. Eppure, dopo i tanti saluti del ‘Principe’, tutti si aspettavano una presa di coscienza da parte sua. Invano, si è atteso una completa esplosione delle sue qualità, senz’altro superiori a quelle viste e mostrate finora. A Guarin è sempre mancata la continuità. Anche al Porto ha brillato per poco, giusto il tempo, però, per trascinare la squadra portoghese al successo in Europa League e in Primeira Liga. Altra squadra, altri giocatori. Certo, il suo futuro è fuori discussione: deve essere, deve restare in nerazzurro. Decisamente con piglio diverso, senza darsi troppe arie.
Darsi una svegliata – L’altro ‘sconosciuto’ è Andrea Ranocchia. Basterebbe guardarlo dritto negli occhi prima dell’inizio di ogni partita: vive in un mondo a sé, in un mondo dove non esiste l’Inter. Dove, forse, non c’è spazio per difensori come lui. Ha tutti i mezzi per sfondare, per urlare all’universo calcistico “guardatemi, ci sono anche io”, invece negli ultimi mesi, più o meno dall’inizio del nuovo anno, il centrale umbro è ritornato ombra di se stesso. Nel vicolo cieco intrapreso nella scorsa stagione, e dal quale non è mai uscito, se non per prendere un po’ di sole. Inutile nascondere la verità: gli interventi subiti al ginocchio in giovane età hanno preso a picconate le sue sicurezze, ora tristemente nascoste. E’ lento nelle chiusure, svagato e goffo nelle marcature. Stramaccioni, o chi per lui, dovrebbero partire quasi da zero con lo spaesato difensore: resettandogli l’ingolfato motore, al momento non all’altezza di un’Inter con ambizioni (future) importanti. Gettare alle spalle tutte le paure, ritrovare fiducia e stima nel proprio talento, smarrito nei vicoli di Bari. Riparta daccapo, caro Ranocchia.
Raffaele Amato
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