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Da Campagnaro a Wallace: il voto al mercato dell’Inter

Hugo Campagnaro (Inter.it)

INTER VOTO MERCATO / MILANO – In testa alla piramide del nonsense c’è la mancanza di liquidità. Poco sotto, i retaggi delle ultime due deficitarie sessioni di mercato. Al terzo gradino, la scarsa lungimiranza della società e le poche idee che frullano nella testa dei dirigenti di Corso Vittorio Emanuele. Poi, le non cessioni di alcuni elementi come Guarin, Ranocchia, Kuzmanovic e Pereira. Infine, all’ultimo gradino, la trattativa per la cessione del club all’indonesiano Thohir (che sta durando quanto un parto), con Massimo Moratti non più disposto a sborsare un euro in previsione della sua dipartita a capo del ‘Biscione’.

Ecco spiegati, in breve, i motivi del mercato gravemente insufficiente dell’Inter. Voto: un 5 risicato. I due acquisti ‘azzeccati’ sono stati senza dubbio Hugo Campagnaro, preso a parametro zero dal Napoli, e Walter Mazzarri, il tecnico che in poco tempo è già riuscito a ridar valore ad alcuni giocatori e a dare un’identità alla squadra, pur avendo a disposizione una rosa incompleta – a cui mancano due laterali, un terzino sinistro, un metodista e un attaccante – e non competitiva per i massimi traguardi, tra questi il terzo posto.

L’Inter ha speso una cinquantina di milioni, incassandone meno di dieci: gli errori commessi nel recente passato, per meglio dire nelle campagne acquisti-cessioni dell’estate e del gennaio scorsi, sono stati ‘pagati’ tutti in questa sessione: da Silvestre, riscattato per circa 6 milioni per poi essere prestato al Milan per appena 1 milione, a Schelotto, acquistato otto mesi fa per 3,5 milioni più metà Livaja (per un totale di 7), poi ceduto al Sassuolo in prestito (con diritto di riscatto per la metà a 2,5 milioni).

Senza dimenticare i vari Pereira, 10 milioni più 5 di bonus dal Porto – oggi è una riserva che non si è riuscita a vendere -, Kuzmanovic, 1 milione dallo Stoccarda (ora riserva), e Cassano, preso nell’affare Pazzini e dopo appena dodici mesi spedito altrove: precisamente a Parma, nello scambio con Belfodil, quest’ultimo costato 6-7 milioni per la metà; l’operazione è servita soprattutto a liberarsi del pesante stipendio di ‘FantAntonio’, al lordo vicino ai 6 milioni. Poi Gargano, costato tra prestito oneroso e stipendio quasi 5 milioni, senza alla fine dei giochi ritrovarsi il suo cartellino in mano (come avvenne nell’operazione Zarate). Nel conto spesa di quest’anno, va registrato anche l’intero acquisto di Handanovic, circa 15 milioni.

Insomma, dopo il fallimentare nono posto e più di tre mesi di mercato, Walter Mazzarri si ritrova una squadra piena di giovani dalle qualità ancora misteriose, e un solo effettivo titolare rispetto all’undici della scorsa stagione: il già citato Campagnaro, suo fedelissimo dai tempi della Samp. Il resto, solo riserve e comprimari: da Icardi (13 milioni) a Belfodil, passando per Wallace – prelevato in prestito (senza diritto riscatto) dal Chelsea, come una squadra di provincia, da Rolando – ex riserva del Napoli e scarto del Porto, attualmente ancora non in condizione per giocare -, Andreolli, Carrizo e Taider. La mezz’ala franco algerina è stata acquistata in comproprietà per 5,5 milioni, soldi arrivati dalle cessioni in Bundesliga di Caldirola e Donati: l’ex Grossetto, passato al Bayer Leverkusen, si sarebbe potuto tenere.

Buono, invece, il lavoro svolto sul fronte ‘maturazione’ giovani, pur constatando che in prima squadra, eccezion fatta per Olsen che ha rifiutato il Brescia, non c’è nessun giocatore proveniente dalla Primavera, togliendo dal conto Andreolli, ritornato all’ovile quest’estate dopo aver girovagato in serie A. Molti i prestiti al Livorno, tutti fortunatamente per il club interista senza diritto di riscatto per l’intero cartellino. In conclusione: Mazzarri sarà costretto a fare di necessità virtù, come fatto finora, vivendo alla giornata e senza obiettivi, almeno fino al mercato cosiddetto di ‘riparazione’. Dove, lo sperano gli interisti, la rosa potrebbe essere rafforzata da soldi indonesiani.

 

Raffaele Amato

 

Raffaele Amato

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