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Ranocchia come Zanetti: Inter senza un leader

Ranocchia e Zanetti

INTER / MILANO – Javier Zanetti giocò la prima partita da capitano dell’Inter il 28 ottobre 1998, ottavi di Coppa Italia contro il Castel di Sangro. Allenatore, esonerato trentatré giorni dopo, Gigi Simoni. Da allora l’argentino ha rappresentato come meglio non poteva, in Italia e nel Mondo, il club nerazzurro: nei momenti difficili, che sono stati tanti al pari dei momenti felici. Ma Zanetti non è mai stato il leader carismatico dell’Inter, soprattutto in campo. Dal ‘98 a oggi, potremmo citare tre giocatori che per temperamento e capacità calcistiche hanno spesso e volentieri ‘guidato’ in casa e in trasferta la squadra nerazzurra: Simeone, Marco Materazzi (con tutti i pro e i contro del caso) e Cambiasso. Il discorso serve per allacciarci alla questione fascia da capitano che bene o male fa molto discutere: e che alcuni, dopo il ritiro del quarantunenne Zanetti, vorrebbero venisse affidata ad Andrea Ranocchia. Ammesso che metta la sua firma sul tanto pubblicizzato rinnovo triennale, rifiutando l’altrettanto pubblicizzato corteggiamento della Juventus (incoraggiata dall’agente del difensore umbro), risulterebbe poco comprensibile assegnare tale onore e fardello a un giocatore che negli ultimi due anni (a gennaio fu a un passo dal Galatasaray) ha vissuto una completa situazione di precarietà. E che ha quasi sempre dimostrato, al di là del discorso tecnico, di non avere le necessarie personalità e lucidità. Con riferimento solo al calcio, visto che non conosciamo comportamenti e attitudini del ventiseienne nella vita di tutti i giorni, né vogliamo ergerci a santi inquisitori o lacché a mezzo web dell’umbro. Quindi? Alla fine, più che altro in mancanza di alternative, Ranocchia potrà anche fare il capitano, come Zanetti dall’autunno ’98 al maggio scorso, ma non sarà mai il ‘vero’ leader dell’Inter. E purtroppo ora, escludendo Vidic perché nessuno sa in che condizioni fisiche e mentali affronterà l’avventura in nerazzurro, nella rosa di Mazzarri non c’è un Simeone, né un Materazzi e né un Cambiasso.

Raffaele Amato

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Raffaele Amato

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