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Mancini e l’Inter di ieri e di oggi

Ausilio, Fassone, Mancini e Bolingbroke

INTER MANCINI / MILANO – Rispetto a dieci anni fa Mancini e l’Inter hanno sùbito un notevole e obbligato, da fatti e circostanze, mutamento. Nel 2004, al posto dell’illuso Zaccheroni, l’ex numero dieci di Sampdoria e Lazio giunse ad Appiano Gentile con l’orgoglio del predestinato e il vantaggio di essere il pallino di Massimo Moratti, senza avere – come ora – né le credenziali, né il palmares del vincente e né, di conseguenza, uno stipendio da big (ma nemmeno da morto di fame…). Avendo in più, però, quella affamata voglia di imporsi con successo su un calcio e una categoria, quella degli allenatori che, almeno per la grande maggioranza di essa, aveva malvisto fin da principio: la sua prima panchina, con “delega” (arrivata grazie alla sua grande amicizia col potente Geronzi) perché ancora senza patentino, fu la Fiorentina di Cecchi Gori, che lo ingaggiò dopo l’esonero di Terim portando anche alle dimissioni di Antognoni. Una voglia e senso di rivalsa, abbinate alle indiscusse capacità manageriali e, nello specifico, nel costruire e modellare quasi da zero (spendendo tanti soldi, ma spendendoli bene…) una squadra che poi avrebbe vinto tutto negli anni a venire, che lo portarono a diventare il ‘tuttofare’ del club, a scagliarsi contro il ‘Sistema’ di allora, contro Moggi, Galliani e in generale contro tutto quello che era e andava contro l’Inter. Che ora ha una rosa profondamente diversa rispetto ad allora, a confronto, forse fatta eccezione per un paio (sforzandoci diciamo Kovacic e Icardi), quella attuale fa sorridere… Per non parlare della società: adesso di stampo anglo-americano, certamente meglio strutturata e più competente almeno sotto il profilo economico-commerciale, ma non più in lotta con il cosiddetto ‘Sistema di potere‘. Anzi, visti gli accordi con Infront (costola del Milan e ormai padrone del calcio italiano), l’appoggio a Tavecchio presidente della Federcalcio (in realtà consensiente, perché gli conviene, pupazzo manovrato dai padroni della Lega Lotito e Galliani – al netto dei comunicati duri e crudi contro la Juve, che più di ricevere applausi dai tifosi interisti non fanno – alla disperata ricerca di entrarne a far parte.

Raffaele Amato
@RaffaeleAmato9

Raffaele Amato

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