INTER ICARDI / MILANO – Andando oltre la tutt’altro che scontata brillante prestazione di Guarin, in realtà impiegato nel suo ruolo naturale, vale a dire da mediano con licenza di ‘sfondamento’ stando a debita distanza dagli attaccanti, la partita col Genoa ci dà l’occasione per soffermarci un attimo su Mauro Icardi, a segno per l’undicesima volta in stagione (su 18 presenze), per la decima in campionato. Vero che debba migliorare nel ‘dialogo’ con la squadra e nella gestione del pallone, però l’Inter deve ritenersi brava (perché ci ha creduto investendo 13 milioni) e fortunata ad avere alle proprie dipendenze un centravanti con tale istinto del gol. Considerato gli appena ventidue anni e che questa sia solo la terza stagione in Serie A, finora giocate con squadre non da vertice e con mille problemi. Banale dire che abbia dei notevoli margini di miglioramento, peraltro da lui sfruttabili appieno (in questo senso, Mancini potrà dargli solo una mano. Senza togliere i meriti di Mazzarri, che ci sono…) visto il carattere imperturbabile e la sua evidente ambizione, altrettanto che l’Inter abbia tra le mani una miniera d’oro. Che ha tanto di Vieri e molto meno di Batistuta (suo idolo) e che spetterà ad Ausilio, o direttamente a Thohir, valorizzare al massimo sul mercato. Perché uno così è quasi impossibile da trattenere. Infatti escluso gli extraterrestri Messi e Cr7 (che per comodità collochiamo tra le prime punte, ma che prime punte non sono…), e i più ‘maturi’ van Persie e Falcao (non ancora ripresosi dalla rottura del legamento crociato del gennaio 2014), e non cadendo nel blasfemo, Icardi per età e continuità nel finalizzare si può considerare il secondo centravanti ‘d’area’ del mondo, dietro solo a quel ‘bulldozer’ di Diego Costa. Non a caso in forza al Chelsea di Mourinho, uno (dei tanti) estimatori del numero 9.
Raffaele Amato
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