TELEFONATA LOTITO / MILANO – Non è il padrone, titolo che spetta alle televisioni (Sky più di Mediaset) e alla neo cinese Infront, ma nella telefonata definita ‘scandalosa’ da chi ancora non si è fatto capace che il pallone sia soprattutto politica e soldi, Lotito ha confermato di essere uno dei principali se non il primo burattinaio (assieme a Galliani) del calcio italiano, quindi il ‘deus ex machina’ di Lega (“Beretta conta zero”, anche questo si sapeva perciò è stato rieletto e votato nel 2013 da quasi tutti i club, meno che dalle big Roma, Juve e Inter, ancora marchiata Moratti) e Federcalcio, dove Tavecchio (ma col ‘prandelliano’ Albertini non sarebbe stato diverso), appoggiato anche da Thohir senza conoscere per davvero il suo programma (solo per interesse a entrare nel giro giusto, come dargli torto…), è pressoché una figura di facciata e di comodo quanto mr.Unicredit. Però al dg dell’Ischia il genero di Mezzaroma ha anche detto una verità che ha scatenato l’ovvia rabbia di Carpi, tifosi e addetti ai lavori, una verità sacrosanta: squadre con bacino d’utenza quasi nullo sono e sarebbero un danno per la Serie A – che almeno per il prossimo triennio avrà garantiti circa 3 miliardi di euro dalla vendita dei diritti tv (nulla in confronto agli oltre 6,5 ottenuti dalla Premier League) – che nel 2018 potrebbe prendere molto meno se le grandi, milanesi in primis, non dovessero riprendersi e se, appunto, nel massimo campionato dovrebbero esserci ‘piazze’ fin troppo minori. Questo rischio potrebbe evitarsi solo attraverso una maxi riforma dei campionati, oggi ipotesi da bar, o attraverso ‘spinte’ sportive ed economiche a club con grande seguito. Quelle spinte che nel calcio, ma non solo, ci sono sempre state.
Raffaele Amato
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