ANALISI INTER POST-SPARTA / MILANO – Frank de Boer non è ancora riuscito, e chissà se ci riuscirà mai, a risolvere un problema che l’Inter si trascina ormai da troppi anni: il problema della mentalità. Evidentemente la sua Inter, come quelle del recente passato, non ce l’ha da cosiddetta ‘grande squadra‘. Potremmo stare a discutere per ore, col senno di poi ma anche col senno di prima, sulle scelte giuste-sbagliate o presunte tali del tecnico olandese – per noi antipatizzanti del turnover ogni competizione, specie quella che dici di voler vincere, andrebbe affrontata coi migliori giocatori. Il 23enne Icardi non può giocare tre partite in sette giorni? -, ma se manca la mentalità, che si abbina a continuità, manca davvero tutto per poter vincere o sperare di. Specie in Europa, dove gli avversari ti affrontano con meno paure e una voglia (anche questa non vista ieri) di prevalere su di te con umiltà e sacrificio che, per esempio, in Serie A riscontriamo solo in poche squadre (due a caso, tra le cosiddette medio-piccole, Chievo e Bologna, contro cui i nerazzurri hanno ottenuto solo un punto…). La mentalità giusta parte dalla società, che l’Inter di Suning ancora non ha. Poi sta all’allenatore inculcarla ai giocatori, e in questo de Boer ha bisogno di ulteriore tempo, anche se molti di essi non sono all’altezza nemmeno di fare le riserve dell’Inter.
Raffaele Amato
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