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Inter, Mazzola: “Cambiasso gran lavoratore e Cordoba fenomeno”

Mazzola (Getty Images)

INTER MAZZOLA INTERVISTA/VEDANO AL LAMBRO-L’ex giocatore della Grande Inter Sandro Mazzola, è stato intervista da AS Colombia che lo ha raggiunto fino a Vedano al Lambro piccolo paese vicino a Monza. Gli hanno fatto subito notare i troppi stranieri nel nostro campionato italiano e lui ha spiegato: “È un problema per gli italiani, che devono essere affamati di calcio: Penso che pochi giovani di oggi abbiano quella fame, vedere gli stranieri può essere un impulso a voler fare lo stesso, altrimenti il calcio italiano non andrà bene”. Gli hanno chiesto, visto che lui l’ha indossata per 70 volte, cosa rappresenti per un calciatore avere addosso la maglia della propria nazionale e lui ha dichiarato: “Le prime volte ti tremano le gambe, prendi la maglia e vuoi sentirla, è una cosa fantastica, non sembra vero. La mia prima partita è stata contro il Brasile, mia madre non ha dormito la notte prima della partita. Siamo andati in campo, mentre l’arbitro stava arrivando io guardavo Pelé, i miei compagni di squadra mi hanno detto ‘siamo venuti per giocare, non per guardarlo’. Ma quel Brasile era una cosa fantastica”. La nazionale italiana riparte con Roberto Mancini e gli hanno domandato se è l’uomo giusto per riportare entusiasmo sia all’ambiente, che soprattutto ai tifosi e lui ha spiegato: “Credo di sì. Mi piace molto il lavoro di Mancini. Mi è piaciuto come giocatore: quando ero il dirigente dell’Inter ha cercato di prenderlo, ma non sono riuscito. Ricordava me quando giocava… Mi piace molto perché penso che dia fiducia ai giocatori, li faccia giocare, non imponga loro il problema della maglia, è fondamentale”. Gli hanno chiesto, visto che ha avuto un allenatore come Helenio Herrera, che ancora oggi a distanza di più di 50 anni è ricordato, cosa serve ad un tecnico per fare la storia e lui ha dichiarato: “L’allenatore non dovrebbe essere solo un allenatore in campo, deve esserlo anche fuori. Helenio diceva sempre ‘prima di arrivare a giocare con i piedi, ti faccio giocare con la testa. Devi pensare prima in anticipo quello che vuoi fare, se no gli altri lo capiscono’. Un’incredibile lezione di vita”.
Gli hanno fatto notare che nella sua carriera di dirigente, ha portato tanti campioni all’Inter come Rummenigge o Ronaldo e gli hanno domandato cosa fa la differenza in un giocatore per farsi notare e lui ha spiegato: “Essere diversi in campo è una cosa. Fuori non bisogna pensare di essere i migliori del mondo, si dovrebbe pensare che ogni partita è un test. Prima della gara bisognerebbe lavorare sulla testa, così si forma un grande giocatore”. Gli hanno chiesto un parere su Esteban Cambiasso e Ivan Ramiro Cordoba e lui ha detto: “Cambiasso prima di tutto è un gran lavoratore, che vuole quello che fa e cerca di trasmettere ai giocatori. Questo è molto importante. Se tutti pensano quello che pensa l’allenatore, la squadra farà grandi partite. E lui è l’uomo che che può farlo. Córdoba è un fenomeno. Ricordo la prima volta che l’ho visto giocare, ho chiesto ‘questo è il difensore?’. Fa fa tutto. Ha personalità, forza. Un giocatore fantastico, mi è piaciuto subito”. Giovedì 14 giugno 2018 con la sfida tra la Russia, paese ospitante e la Arabia Saudita, inizierà il Mondiale di calcio e gli hanno domandato quali squadre vede favorite per la vittoria finale e lui ha risposto: “E’ difficile dirlo. In Sud America ci sono due o tre squadre forti; poi mi piace l’Inghilterra, perché non gioca più come quando ero giovane io, ora giocano alla maniera latina. Hanno la forza e la tecnica“.

Luigi De Stefani

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