Inter, l’ex difensore Marco Materazzi, ha voluto ricordare i suoi anni in nerazzurro e ha parlato anche della situazione presente e futura della sua ex squadra
INTER MATERAZZI INTERVISTA/ L’ex difensore nerazzurro Marco Materazzi, è stato protagonista insieme allo chef Davide Oldani, tifoso nerazzurro, di una bella intervista in diretta su Instagram. Il famoso chef gli ha mostrato sia un pallone firmato del 2008, che la maglia del ‘Triplete’ e l’ex calciatore gli ha detto: “Avrai il tuo pallone con le firme di tutti i protagonisti di Madrid“. Dopo questa promessa, inizia l’intervista e gli hanno chiesto cosa ha provato quando ha deciso di terminare la carriera calcistica e lui ha spiegato: “Ho smesso a 38 anni. Alla base di tutto c’è la famiglia, tanti ex giocatori vengono abbandonati da tutti. Io ho avuto solidità grazie a mia moglie e ai miei tre figli, non è facile gestire il post-carriera. Per tanto tempo fai quello che hai sognato sin da bambino, poi stacchi e ti godi la famiglia. Dopo tot anni pensi anche ad altri progetti, per esempio io ne ho sul paddle con l’amico Barzaghi. Quando i figli finiranno la scuola, viaggerò il mondo con mia moglie“. Gli hanno fatto notare che proprio 10 anni fa, si svolse la sfida di campionato contro la Juve vinta 2-0 e lui ha ricordato:
“Se penso a quel giorno, mi viene in mente Maicon (autore di un gol strepitoso ndr) e il mio fratellino Eto’o. Fu molto dura, la sbloccammo alla fine”. A proposito di quella stagione memorabile, gli hanno ricordato la scazzottata con Balotelli dopo Inter-Barcellona 3-1 e lui ha confermato dicendo: “Gliel’ho data, è vero. Io voglio bene a Mario, ma se l’era meritata. Oggi siamo tornati a essere più che amici, praticamente fratelli. In quella circostanza fece una cosa che non doveva fare, giocare male; il discorso della maglietta (gettata a terra ndr) passò in secondo piano. Prima della partita, sul pullman ci disse ‘oggi entro e gioco male‘ e a quel punto gliele promisi. Quando entrò, fece un’azione tirando da fuori anziché andare in contropiede: c’era Milito in panchina che lo voleva ammazzare. Noi credevamo in lui, fece tanti gol con i quali contribuì alla vittoria finale. Poi devo dire una cosa, un giorno mi innamorai di suo padre che dopo la partita col Rubin gli disse ‘non mi sei piaciuto, devi giocare più con i compagni. E basta andare in giro con le ragazze, vai a fare un giro in bici al parco’. Lì diventò il mio idolo incontrastato. Tornando a Mario, la settimana successiva alla gara col Barça dissi a José (Mourinho ndr) di schierarmi nelle partitelle contro Balotelli, che dopo pochi secondi se ne andava negli spogliatoi“. Non poteva mancare la domanda su Mourinho e su quante fosse importante nell’ottica del valore della squadra e lui ha confermato: “Avendo preso la licenza per guidare una squadra, io dico che c’è una verità fondamentale in questo mestiere: ci sono gli allenatori che possono allenare i campioni, altri che devono costruirlo. Mourinho è inarrivabile nel creare quella empatia che solo lui sa creare. Ricordo il primo allenamento, ci convocò in campo e non parlava nessuno: silenzio assoluto. E lui capì subito che avevamo timore e ci disse che potevamo scioglierci. Lì scattò subito l’empatia. La qualità che avevamo era indiscutibile, poi Mourinho è anche un paraculo”. L’argomento Mourinho resta e gli hanno chiesto un paragone con Conte e l’ex difensore ha dichiarato: “La serietà di Conte è indiscutibile, era discutibile il suo passato ma ora è diventato interista e mi sta più simpatico. Ha ridotto il gap con le prime ed è importante per il futuro, normale manchi qualcosa. Gli altri sono l’Inter del 2010, con 22 giocatori extraterrestri, l’Inter attuale ne ha 14. Il club sta ristrutturando tutto, anche il centro sportivo; bisogna prendere la Juve come esempio. L’Inter rimane sempre l’Inter, ma deve adeguarsi ai tempi. Poi è ovvio che speri che il loro ciclo vincente finisca”. Gli hanno chiesto, come mai il tecnico portoghese non riesce più a vincere e lui ha detto:
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