Lautaro Martinez è stato massacrato nelle ultime ore: il motivo e perché è stato paragonato a Palacio nel 2017
Sappiamo tutti ciò che il Toro ha fatto per l’Inter negli ultimi anni, conquistando il settimo posto nella classifica per il Pallone d’Oro, portando i nerazzurri alla conquista della seconda stella dopo un’annata da quasi un gol a partita, e facendo grandi cose anche con l’Argentina, con cui ha conquistato il Mondiale e anche la Copa America da cannoniere principale in squadra.
Dalla scorsa estate, però, qualcosa per la punta dell’Albiceleste sembra essersi spezzato. Dopo non aver praticamente riposato, fa fatica a trovare la condizione fisica migliore e spesso sul campo è protagonista di prestazioni impalpabili, insufficienti e poco consistenti per la squadra.
Simone Inzaghi e tutta l’Inter lo aspettano, ma è inevitabile che il suo calo abbia delle ricadute dirette su tutto il percorso dei campioni d’Italia in Serie A e in Champions League. Fino a questo momento, Lautaro ha segnato un solo gol nella massima competizione europea e 5 in campionato, davvero poco per uno con le sue qualità, che ci ha abituato a ben altre medie.
Subentrando nella serata di ieri contro il Bayer Leverkusen, Lautaro ha centrato il traguardo delle 300 presenze in nerazzurro. L’Inter non ha potuto fare altro che festeggiarlo con un sentito post pubblicato sul suo profilo X, ma di sicuro non si aspettava ciò che è successo subito dopo.
Diversi tifosi, probabilmente troppi, hanno iniziato a criticare tra i commenti la punta centrale dell’Inter, definendolo lento, facendo spopolare l’hashtag #Lautaroout, addirittura insultandolo. Per un leader come il Toro sicuramente è un dato di fatto che fa male, anche perché in molti chiedono che venga ceduto.
C’è anche chi lo paragona a Rodrigo Palacio nel 2017, cioè un calciatore che ha fatto tanto per l’Inter, ma ora non sembra più nelle condizioni fisiche di poter garantire i gol che servono. La speranza è che Lautaro torni a garantire il prima possibile prestazioni di alto livello sul campo, ma resta l’irriconoscenza per il calciatore simbolo dei nerazzurri. E un dato di fatto: nel calcio non c’è memoria.
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