La gestione degli arbitri contro l’Inter ha creato non poche polemiche nelle prime due partite di campionato: cosa è successo
Il calciomercato si è concluso, tra l’acquisto di Akanji e la partenza di Benjamin Pavard, e ora si torna a parlare di campo, quel fattore essenziale per vincere i trofei e che poi decreta il fallimento o meno di una stagione, a prescindere da come siano andate le operazioni in entrata e in uscita.
L’inizio di Serie A per l’Inter è stato roboante con l’ampia vittoria contro il Torino, che sembrava aver spazzato via malumori e polemiche, ma poi i problemi sono tornati tutti insieme contro l’Udinese. I nerazzurri hanno denunciato ancora incertezze e instabilità, soprattutto dal punto di vista difensivo, ma ciò non può nascondere la gestione degli arbitri rispetto ai match dell’Inter.
Negli scorsi mesi, in merito a presunte decisioni a favore della Beneamata, in molti hanno coniato l’espressione Marotta League, una sorta di sudditanza psicologica rispetto al potere politico accumulato negli anni dal presidente dell’Inter. Questi primi scampoli di stagione hanno mostrato nettamente una realtà diversa, che si trascina dallo scorso finale di stagione.
C’è un certo malumore rispetto a come gli arbitri trattano l’Inter. Il rigore assegnato a favore dell’Udinese ci può stare a livello di regolamento, ma ha poco a che vedere con il campo e l’andamento di una partita. Il movimento di Dumfries è congruo, le braccia sono simmetriche e non oltre la testa, la distanza è ravvicinata.
Se questo è il calcio che vogliono ai piani alti, bisogna metterci mano al più presto, perché conviene più mirare le braccia dei calciatori, che a questo punto non possono più saltare o contrastare in area, che eseguire un bel gesto tecnico. Da lì la partita è cambiata e ha preso un’altra piega: l’arbitro Marchetti, quindi, ha condizionato l’intero inizio di stagione dell’Inter con una sola mossa.
Ma ciò che deve fare più riflettere e discutere non è solo il singolo episodio, ma il metro arbitrale. Sono stati davvero tanti i fischi a favore, calciatori di due metri e dalla grande potenza fisica cadevano come foglie al primo soffio d’area e venivano premiati con calci di punizione che dall’altra parte non venivano assegnati anche dopo interventi duri e ripetuti.
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