INTER ZANETTI ALVAREZ MAZZARI MOURINHO MARADONA/ MILANO – Manca davvero pochissimo per rivederlo in campo. Javier Zanetti scaldai motori prima del suo rientro e lo fa nella trasmissione radiofonica ‘Deejay Chiama Italia’, ospite di Linus e del tifosissimo dell’Inter Nicola Savino. Al centro dell’intervista l’autobiografia del capitano nerazzurro ‘Giocare da uomo’: “Il titolo dell’autobiografia? Per me vuol dire giocare leali, secondo i valori. Io sono cresciuto con questi valori, che mi ha insegnato la mia famiglia” Capitolo Alvarez che da brocco è diventato fondamentale: “E’ stato un anno difficile per lui quello trascorso, tra infortuni e problemi di squadra. Ha dovuto sopportare i fischi, ma ha dimostrato grande personalità e adesso sta dimostrando di giocare molto bene”.
L’ARRIVO ALL’INTER, MESSI O MARADONA, MAZZARRI,MOURINHO – Arrivato all’Inter nel 1995,insieme al connazionale Rambert, proclamato come la stella del duo argentino, Zanetti racconta l’arrivo a Milano: “Che Inter era quella incontrata quando è arrivato in Italia? All’epoca potevano giocare tre stranieri, e io ero il quarto, poi Sebastian Rambert, che è arrivato con me ed era la stella, ha fatto due presenze. Ma io mi son dovuto fare conoscere, farmi un mazzo così. Anche il giorno del mio matrimonio: dopo brindisi e foto ho dovuto dire a tutti che dovevo andare ad allenarmi, perché avevo un programma da rispettare”. Messi o Maradona? “Ognuno di loro è stato il più forte della sua epoca. Ho giocato con Messi, e posso dire che quello che sta facendo è straordinario: ha una velocità palla al piede incredibile. Ricordo che nella semifinale di Champions League di ritorno ero diffidato e dovevo affrontarlo, se fosse andato via… Però ci è andata bene. Maradona l’ho avuto da allenatore, era grintoso e voleva trasmetterci le sue sensazioni vissute con la maglia argentina”. A Zanetti viene chiesto chi è stato il tecnico che ha urlato di più dalla panchina o faceva scene: “Mazzarri – risponde seccamenteil capitano, ridendo – ma fa bene perché vuole il massimo in campo”. Capitolo Mourinho: “Se è vero che ha qualcosa il più degli altri? E’ un grande, un vincente con grande personalità. Ma non è un dittatore, anzi quando sapeva che doveva stare vicino ad un giocatore lo faceva. Poi Mourinho sapeva leggere bene le partite e nell’intervallo urlava se c’era da spronarci”.
Luigi Perruccio
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