INTER ZANETTI / MILANO – Contro il Chievo Javier Zanetti giocherà l’ultima partita della sua carriera. L’argentino appenderà le scarpette al chiodo alla soglia dei 41 anni, che compirà il prossimo 10 agosto. Avrebbe dovuto smettere prima, magari nel maggio 2011 dopo la conquista della Coppa Italia e, soprattutto, al termine di un ciclo di successi forse irripetibile. Evitandosi le critiche di qualche tifoso, celate nella festa d’addio di sabato scorso, o la panchina nel mortificante derby perso dalla squadra di Mazzarri per 1-0. Discorso valido oppure no, la domanda a cui vien voglia di rispondere è però un’altra: perché Zanetti è stato un giocatore ‘speciale’? Risposta un po’ banale, perché ha indossato la stessa maglia per diciannove anni, battendo record su record. Con maggiore (ma non troppa) originalità, che in fondo l’ex capitano merita, perché ha sempre messo la sua faccia dopo ogni sconfitta, anche la più pesante e nel periodo – in piena Calciopoli – in cui l’Inter rimediava brutte figure in seriale successione, rimanendo come riferimento dentro e fuori dal campo. Per i tifosi, come àncora a cui aggrapparsi nei momenti di maggior sconforto; per compagni e allenatori, saggio ‘consigliere’ e valido jolly da impiegare in quattro-cinque differenti ruoli; per gli avversari, come emblema dell’Inter e dell’interismo. Poi si è ripreso le sue rivincite: gli scudetti, la Champions League e il Mondiale per Club. C’è stato nelle sconfitte come nelle vittorie, che piaccia o no restando sempre sé stesso.
Raffaele Amato
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