INTER RANOCCHIA / MILANO – Ranocchia dice basta alle critiche esagerate e a volte ingiuste nei suoi confronti, ai pregiudizi che la maggior parte dei tifosi interisti hanno verso di lui. E’ stufo di sentirsi il capro espiatorio, il colpevole degli insuccessi nerazzurri: “Sembra che all’Inter non abbia vinto solo io. Ma il periodo negativo non è stato tutto e solo mio. È stato dell’Inter. In sei anni avrò visto passare un centinaio di giocatori. Oltre a tre presidenti e proprietari”. Il centrale nerazzurro è comunque fiducioso per il suo futuro e per quello del club: “Sono convinto che tutta questa negatività cesserà. Da tre mesi vado in un centro in cui mi seguono dal punto di vista fisico e psicologico – ha svelato al ‘Corriere della Sera’ -. È lì che tiro di boxe, per esempio. E poi c’è una persona con cui parlo. Non è uno psicologo. È laureato in Fisioterapia ma è anche esperto di mental training. Parlare con lui mi è servito a capire che quasi niente nella vita è irrimediabile. Non c’è una ragione precisa che mi ha spinto a prendere questa decisione. Una persona fa delle cose quando è pronta a farle. Io, per esempio, con tutto quello che mi è successo in carriera, ora so come fare a dare una mano, so che posso aiutare“.
Nell’intervista, comunque, Ranocchia non nasconde la sua amarezza per aver perso la fascia da capitano: “Non c’è stato un motivo perché è successo, sono tante cose, ma non mi va di dirle adesso. Forse a fine carriera. Ecco, aggiungiamo all’elenco che da capitano dell’Inter ho smesso di esserlo. Colpa di Mancini? No, con lui non ho mai litigato. Con me si è comportato bene, abbiamo sempre parlato molto, mi ha dato il via libera per andare alla Sampdoria quando volevo giocare ma è stato felice che tornassi all’Inter”. Con de Boer il difensore ha lanciato segnali positivi circa un suo rilancio: “Ha introdotto regole ferree. Come per esempio pranzare qui, tutti insieme, prima delle partite. O far colazione se c’è l’allenamento al mattino. E poi tornare qui a dormire dopo la partita. Sembrano cose piccole, ma fanno moltissima differenza. E poi un modo di stare in campo che viene automatico, perché vogliamo aggredire dall’inizio”. L’obiettivo prossimo è il ritorno in Nazionale: “Non è un’ossessione, ma una possibilità”.
R.A.
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