Inter, da Thohir a Palacio: le pagelle del 2013

I giocatori dell'Inter (Getty Images)
I giocatori dell’Inter (Getty Images)

INTER PAGELLE 2013 / MILANO – Il 2013 dell’Inter è stato travagliato, deludente e storico. Dal nono posto ottenuto dalla squadra di Stramaccioni al derby pre-natalizo vinto da quella di Mazzarri. Dagli acquisti mancati e sbagliati, alla epocale cessione del club all’indonesiano Erick Thohir. Ecco voti e pagelle dell’anno che sta per finire dati ad alcuni dei protagonisti nerazzurri.

MORATTI, 4: ha parzialmente svenduto la sua Inter, a cifre da club di medio livello europeo. La trattativa con Thohir, perpetrata nel bel mezzo del calciomercato estivo, si è poi conclusa tra difficoltà e misteri a metà novembre. Resta poco chiaro il suo nuovo ruolo, finalmente le sue interviste sono diventate una rarità e per fortuna l’indonesiano non gli ha concesso alcuna delega per la parte sportiva. In eredità, ha lasciato una società disorganizzata e piena di debiti, oltre che una squadra mediocre dal punto di vista tecnico. La sua sua generosità e la sua passione per i colori nerazzurri sono indiscutibili, ma come massimo dirigente non è mai stato all’altezza del blasone.

THOHIR, 6.5: l’unico a voler comprare un’Inter in caduta libera sul piano economico. Solo per questo merita un plauso, e una pacca sulla spalla. Coraggio. Adesso viene il bello e il difficile. Dopo le dichiarazioni ‘fuffa’ su futuro, autofinanziamento e marketing (con Belfodil e Nainggolan che marketing potrà fare?), il tycoon dovrà rimettere in sesto l’intera società, togliendo i rami secchi e mettendo nei posti giusti dirigenti competenti e autorevoli, non yes-man tanto cari all’ex patron. E poi, dovrà investire, e tanto, sul mercato. Perlomeno in quello estivo. Vendere per poi comprare non è una strategia vincente, sul piano sportivo. O forse Thohir vuole vincere solo su quello finanziario? L’Inter non è l’Udinese…

FASSONE, 6: di calcio capisce poco, anche se è stato lui a spingere per l’arrivo di Mazzarri. Ma è un manager in gamba, che ha lavorato con Moggi e De Laurentiis, e che quindi sa stare al mondo. In questo mondo. Con Moratti e il fido Branca l’idillio è durato poco, con Thohir, invece, sembra esserci grande feeling. Il nuovo patron si fida di lui, delle sue capacità ‘commerciali’ e della sua affabilità per muoversi nei meandri oscuri e non della Lega.

BRANCA, 4: a giugno farà le valigie. Capisce di calcio, ma è’ un solitario e ha sempre detto sì a Moratti. Ingoiando bocconi amarissimi, vedi l’esonero di Benitez e l’arrivo di Stramaccioni. Negli ultimi mercati si è reso protagonista di acquisti farlocchi, inutili e per giunta costosi. Pereira e Wallace, solo per citare due nomi. Non ha saputo operare con le poche risorse a disposizione. Il suo ciclo è agli sgoccioli, magari troverà posto al Porto degli ‘amici’ da Costa.

AUSILIO, 5: conosce il calcio giovanile alla perfezione, ed è persona seria. Però l’Inter avrebbe bisogno di un dirigente di ben altro spessore, riconosciuto a livello internazionale e staccato dalla proprietà di una volta. La sua mitica dichiarazione “su Balotelli abbiamo un diritto di prelazione…” rimarrà nella storia, quanto quella di Paolillo qualche minuto dopo lo scudetto 2008: “All’80 per cento Mancini resta all’Inter”.

MAZZARRI, 6,5: è l’allenatore giusto per questo periodo di transizione. Ha rivitalizzato due-tre giocatori, e riportato a livelli normali la squadra. La rosa a sua disposizione non vale il terzo posto, bensì la zona Europa League (dove è tutt’ora). Tatticamente inflessibile e limitato, nella seconda parte di stagione dovrebbe puntare con maggiore decisione su Kovacic, finendola di bistrattarlo a ogni intervista post-partita (il derby è stata una eccezione) e smetterla di dire che l’Inter sia nell’anno zero. E’ pagato (3,5 milioni) per raggiungere degli obiettivi. Quali?

STRAMACCIONI, 3: da gennaio a maggio ha sbagliato tutto, andando in confusione. Ha pagato l’inesperienza e la troppa riconoscenza, mista a lecchinaggio, nei confronti di Moratti, che prima lo ha preso e poi lo ha abbandonato. Un classico. Il nono posto ottenuto su un panchina così prestigiosa potrebbe averlo bruciato definitivamente. Per (provare a) rilanciarsi, gli servirebbe una piazza organizzata e tranquilla, non ‘Fox Sports’. Prima, però, dovrà mettere da parte un bel po’ di presunzione, e tirar fuori i cosiddetti attributi.

PALACIO, 8: 24 gol messi a segno nel 2013, giocatore determinante e indispensabile per l’Inter di prima e di ora. Seconda o prima punta, ormai non fa più differenza. Giocatore assoluto, che gioca e si sacrifica per la squadra. E’ davvero un peccato che sia alla soglia dei 32 anni. Sarà difficile, un domani, trovare uno del suo livello, tenuto conto del tetto agli stipendi di 2,5 milioni.

ALVAREZ, 7: con Mazzarri ha imparato a fare anche la fase difensiva. Prezioso come assist-man e coraggioso nei momenti in cui la squadra fa fatica a trovare le giuste contromosse per battere l’avversario di turno. In estate valeva poco o nulla, era quasi un peso. Adesso è un elemento importante, uno di quelli su cui puntare per il futuro.

PEREIRA, 3: una delle ultime scelleratezze di Branca. Pagato 11 milioni, il laterale uruguagio è stata una autentica delusione. Nemmeno con Mazzarri è riuscito a imporsi, eppure alle spalle, nel suo ruolo, non ha fenomeni. Anzi. A gennaio dovrebbe andar via, ma chi avrà il coraggio di acquistarlo?

HANDANOVIC, 5: è partita alla grande la sua avventura in nerazzurro. Parate e paratoni. Da febbraio-marzo in poi, solo alti e bassi. Come a Udine, dove non ha mai avuto continuità di rendimento. E’ un buon portiere, punto. Nell’ultimo derby, dopo la papera e le amnesie contro Parma e Napoli, ha dato segnali di ripresa. Per risvegliarsi del tutto, dovrà essere meno presuntuoso e fare più mea culpa. Non vale 30 milioni, le grandi d’Europa lo sanno.

 

Raffaele Amato

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