Perché Andrea Ranocchia non può essere il nostro Capitano

Andrea Ranocchia (Inter.it)
Andrea Ranocchia (Inter.it)

INTER RANOCCHIA / MILANO – Il Napoli va in semifinale, l’Inter a casa. I nerazzurri salutano la Coppa Italia e lo fanno nel modo peggiore, senza demeritare e beffati soltanto all’ultimo respiro da un gol del mai domo Higuain: un gol assolutamente evitabile, quasi demenziale, figlio di uno svarione clamoroso del capitano nerazzurro Andrea Ranocchia.
Sì, proprio lui, Andrea Ranocchia. L’uomo che indossa senza patemi d’animo quelle che nell’ambiente nerazzurro sono considerate due autentiche reliquie, vale a dire la fascia da capitano che fu di Javier Zanetti e la maglia numero 23 appartenuta a Marco Materazzi, senza aver ereditato assolutamente niente dai due campioni che hanno fatto la storia recente dell’Inter. Al contrario, il difensore umbro può ormai essere considerato come l’anello debole della difesa, spesso apparentemente scollegato dal campo e dai suoi avvenimenti, un giocatore che non gioca perché lacerato dalle proprie croniche insicurezze. Persino Andreolli, uno che è riuscito ad esprimere il meglio di sé in squadre poco blasonate come Sassuolo e Chievo Verona, si è mostrato più sereno e affidabile rispetto al centrale di Assisi. E magari quell’errore che ha spianato la strada al gol che ha estromesso l’Inter dalla Coppa Italia fosse stato l’unico della sua partita: probabilmente gli sarebbe stato perdonato perché a tutti è concesso sbagliare, non se ne farebbe menzione. L’episodio che ha fatto calare il sipario sul match del ‘San Paolo’ è stato invece la quasi naturale evoluzione della partita di Ranocchia, una partita contraddistinta da una serie inquantificabile di errori, leggerezze, disattenzioni, imprecisioni, scarsa lucidità. Già dopo una manciata di minuti, del resto, Higuain era riuscito a insidiare la porta di Carrizo con un colpo di testa: male, malissimo il capitano nerazzurro nell’occasione. Occasione che ha fatto il paio con quella capitata verso la fine del primo tempo, sempre ad Higuain, quando soltanto un’uscita preventiva di Carrizo ha permesso all’Inter di mantenere il pareggio.
I tifosi non meritano questo. Non lo merita una dirigenza volenterosa, che ha fatto tanti sforzi per permettere al brand nerazzurro di risollevarsi, e soprattutto non lo merita Roberto Mancini, un tecnico che ha accettato di sedersi sulla panchina nerazzurra con un coraggio quasi folle per quella che – ne siamo certi – è stata una scelta compiuta più col cuore che con la testa. Lo jesino vuole riportare l’Inter ai livelli che le competono e sta profondendo tutte le sue energie in questa seconda avventura a Milano; la sua espressione sconsolata al termine dell’incontro è un’immagine difficile da digerire per chi ama la Beneamata. È indegno che si possa mandare a monte l’obiettivo più facilmente raggiungibile (in una stagione peraltro già ampiamente compromessa) non per demerito, ma per una scelleratezza di questa portata. Non è tollerabile. È la goccia che fa traboccare il vaso.
Ranocchia non è più un ragazzino, anzi, a quasi 27 anni dovrebbe trovarsi nel pieno della maturazione fisica e mentale: non ci sono più margini di miglioramento, non si può più sperare che la sua incostanza sia dovuta alla giovane età o all’inesperienza. Non ci sono più scuse o attenuanti, non si può più difenderlo. L’ex Bari e Genoa in questo momento si sta mostrando esattamente per quello che è, un giocatore per troppo tempo sopravvalutato, poco lucido, discontinuo, drasticamente privo della cattiveria agonistica e del carisma necessari per guidare una difesa qualsiasi, figuriamoci per essere il capitano dell’Inter. Un giocatore che, seppur discreto dal punto di vista della qualità, non scende in campo con il piglio aggressivo di chi vuole mangiare l’erba e dare l’anima in campo, ma con l’aria stralunata di chi non sa bene dove si trova e perché. E anche questo, forse, indispettisce la tifoseria o gran parte di essa, ed incide anche sull’atteggiamento e sul rendimento della squadra. 
Attaccarlo adesso e giustificare le proprie tesi riferendosi alla prestazione al limite dell’indecente vista contro il Napoli può forse sembrare un atto di vigliaccheria, attaccarlo ieri sera a caldo sarebbe stato anche peggio. Qualcosa però va fatto, a questo punto; bisogna guardare in faccia la realtà, perché non si può continuare così. Per lunghissimo tempo abbiamo osservato gli innumerevoli volti di Andrea Ranocchia, uno dopo l’altro, chiedendoci quale fosse quello vero, ma questo poteva essere accettabile prima che si prendesse la briga di indossare la fascia da capitano. Non c’è più tempo per aspettare le sue bizze, ora che non ci sono più i vari Cordoba, Samuel o Materazzi a coprirgli le spalle. Se per molto meno era stato accantonato un giocatore del calibro di Nemanja Vidic, che aveva comunque certe attenuanti dalla sua parte, che cosa dovrebbe accadere in questo caso? Alla luce delle dichiarazioni dell’esterrefatto Mancini (“Non ho tante parole da dire, siamo dei polli”) nessuno scenario sembra precluso, ma per scoprire quali saranno le misure stabilite dal tecnico nerazzurro bisognerà aspettare quantomeno la sfida casalinga contro il Palermo, se non addirittura la fine della stagione (il contratto del difensore scade il 30 giugno 2015 ed al momento non è stato ancora rinnovato). Con una certezza assoluta: Ranocchia, per quanto sia certamente onesto e in buona fede, non può più essere il nostro Capitano.

Alessandro Caltabiano

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