Inter, pazze e imprevedibili

Roma-Inter, Totti e Zanetti (Getty Images)

INTER PAZZE E IMPREVEDIBILI ROMA / MILANO – Andare per restare. Roma e Inter, due partite in tre giorni. Entrambe allo stadio ‘Olimpico’, quella di domenica sera, probabilmente, andando al di là delle frasi fatte del tipo “teniamo alla coppa Italia”, la più importante. Perché, banale dirlo, potrà dire molto in termini di classifica; l’Inter è a meno quattro punti dal terzo posto che vuol dire Champions League, e sul morale dei due ambienti, convulsi ed elettrici per natura, anche nei tempi di ‘vacche grasse’ figurarsi ora. Quelle tra giallorossi e nerazzurri saranno delle sfide nella sfida, una gara tra le due squadre, potremmo aggiungerci anche società, letteralmente pazze e imprevedibili. La frase ricorrente ‘possono perdere e vincere con chiunque’ con loro calza a a pennello. La banda di sbarbatelli allenata da Zeman vanta, ma guarda un po’ che novità, una difesa a dir poco ‘ballerina’, finora ha incassato 34 gol, quasi due a partita: a pesare è il modo di far calcio votato all’attacco del maestro boemo ma anche l’inesperienza, che non significa poco bravura – anzi – del complesso giallorosso: Marquinhos (il più promettente, 18 anni) e Piris (23 anni) i più giovani, fra i titolari; senza tener conto di Dodò, un bluff di Sabatini. Le armi scoppiettanti ma altalenanti della Roma sono tante, da Balzaretti, uno dei migliori esterni italiani, bravo a dialogare con Totti, messo più lontanto dalla porta dal boemo, e a servire palloni invitanti per i due bomber Destro e Osvaldo (domenica non ci sarà), che finora si sono pestati i piedi ma che insieme formerebbero un coppia straordinaria, almeno nel nostro campionato, livellato semper più verso il basso. Destro, appunto, l’ex nerazzurro che avrebbe dovuto rivestire la maglia dell’Inter, prima del biscotto che fecero Mezzaroma e Preziosi a Moratti. Balle e soldi, il resto, forse, viene dopo.

La potenza offensiva di quel che sarebbe dovuta diventare la Zemanlandia del terzo millennio, per ora è un semplice e misero parco giochi, trova sbocchi anche a centrocampo, dove in appoggio al continuo e affidabile Bradley gravitano il signor De Rossi, confuso e arruffone per tutta la prima parte di questa stagione – esiliato e poi reintegrato da Zeman nel bel mezzo di tante polemiche -,  Miralem Pjanic, più continuo e meno fumoso rispetto all’anno scorso, 2 gol e 4 assit il suo tabellino a oggi, e Florenzi, esploso e imploso nel giro di poco tempo. Margini di crescita notevoli per il ventunenne ‘core de Roma’, il vice, per ambizioni e aspirazioni, del capitan futuro De Rossi. Un guazzabuglio ordinato, quando in giornata, ma che vive costanetemente sul filo del rasoio, in equilibrio instabile. Come del resto l’Inter di Stramaccioni, che dovrà rinunciare a Milito, il più temibile al di là dei lampi di Palacio, e forse a Cassano, spento e nervoso nelle ultime apparizioni. Ma che potrà far leva sulla brillantezza di Guarin, ritrovatosi mentalmente e tatticamente in un ruolo diverso, ovvero da ‘finto’ trequartista, studiatogli e preparatogli con intelletto e conoscenza dal giovane tecnico interista. Romano doc, ma questo poco importa. Spettacolo sarà, perché pazze e imprevedibili. Trentadue punti contro i trentotto, quarto posto contro il sesto. Al tavolo verde dell’Olimpico non mancherà proprio nulla, nemmeno lo Champagne.

 

Raffaele Amato

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