Inter, il potere dei senatori e il principale errore di Stramaccioni

Stramaccioni, Cambiasso e Palacio (Getty Images)

INTER POTERE SENATORE ERRORI STRAMACCIONI / MILANO – Massimo Moratti ha ragione quando dice che all’Inter che verrà servirà maggiore esperienza. Quella esperienza che è mancata, appunto, ad Andrea Stramaccioni, ma non perché il tecnico romano prima di sedersi sulla panchina nerazzurra non aveva allenato in squadre di A, di B o Lega Pro, tutt’altro. L’ex Primavera, in realtà, non ha saputo trarre insegnamenti dagli allenatori che prima di lui avevano fallito alla Pinetina, e dagli errori commessi da quest’ultimi. Uno, in particolare: fare affidamento, ancora, sui cosiddetti senatori. Che, con tutta franchezza, hanno un enorme potere all’interno dello spogliatoio, soprattutto ora che il loro rendimento e le loro condizioni fisiche non sono più quelle di un tempo, al pari dello stato economico della società, che non permette grandi investimenti per il rafforzamento della rosa stessa.

Stramaccioni, per inesperienza, poco coraggio ed eccessiva riconoscenza, non ha saputo e voluto modellare un’Inter diversa rispetto al passato, escludendo dal progetto – disegnato su carta, forse, ma mai realmente attuato – quei giocatori ormai sul viale del tramonto da un paio d’anni. Samuel, Chivu, Cambiasso – che nella conferenza stampa di presentazione del Ritiro di Pinzolo ha dimostrato tutto il suo menefreghismo nei confronti del tecnico appena silurato -, in aggiunta a Zanetti, Stankovic e Milito, in ottica ringiovanimento e alleggerimento dei conti, non avrebbero dovuto far parte del nuovo corso: cominciato, a chiacchiere, nell’estate scorsa dopo la disastrosa stagione partita (male) dalla fuga di Leonardo, proseguita poi (peggio) con l’avvento dell’indigesto Gasperini e del presunto aggiustatore Ranieri, e infine conclusa con il non-giovane (come mentalità) Stramaccioni.

Il quale, per concludere, anziché rinnovare e accantonare con personalità – requisito indispensabile a meno che si voglia avere vita breve all’Inter – l’oligarchia argentina (mescolata a rumena e serba) , ha chinato il capo da perfetto aziendalista. Finché i risultati gli hanno dato ragione, tutto è filato per il verso giusto; non appena, però, la stagione ha cominciato a prendere brutte pieghe, il senato gli ha voltato la faccia, pugnalandolo senza pietà attraverso interviste o fughe di notizie. Morale della favola: il cambio d’allenatore, Mazzarri scelta giusta in base a cosa offriva il mercato allenatori, non può e non deve bastare. Serve, Moratti ingoi per una volta la pillolina amara, un dirigente a tutto tondo, capace esperto e furbo; e un parco giocatori che non dipenda più da colleghi cotti e prepotenti.

 

Raffaele Amato

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