Insardevoli Autogol – Incompresioni nella famiglia nerazzurra e mercato nero del palo

Annalisa Insardà

INSARDEVOLI AUTOGOL ATALANTA-INTER / MILANO – Nuovo appuntamento con la rubrica più divertente di Interlive.it. Per riportare il calcio alla sua natura di gioco, vi proponiamo il commento del giorno dopo di Annalisa Insardà, attrice e tifosa dell’Inter, che con la sua ironia analizza la situazione nerazzurra:

“Esordisco innanzitutto dicendo che io ho tifato per i nerazzurri finché non ho scoperto che, in realtà, i nerazzurri non eravamo noi. E l’ho scoperto, ahimè, quando era ormai troppo tardi. Va bene che non ne capisco molto di calcio, ma qui fan di tutto per confonderti!
È andata così: i bianchi segnano e mio padre, (interista al punto che la sua fede calcistica è talmente ‘fede’ che quando giura, giura su Prisco) esulta in un modo talmente scomposto e smodato che quasi precipita dalla sedia. Io rabbrividisco, e delusa da quello smisurato slancio penso: “perché s’è fatto dell’Atalanta? E perché in modo così spegiudicato? Proprio lui, il mio esempio…”.
Lo guardo con sospetto e cerco di capire, riflettendo sul fatto che lui è un nazionalista convinto, quindi probabilmente il trasferimento dell’Inter in Indonesia gli deve aver strozzato qualche ernia qua e là. Poi ancora più perplessa penso che il motivo non può esser questo perché nell’Inter per trovare un italiano bisogna risalire ai tempi della sua fondazione anche perché, forse per statuto, essendo ‘internazionale‘ italiani non ce ne devono essere. Ma ecco che nel mentre mettevo a ragionamento motivi su motivi, finalmente i nerazzurri pareggiano ed io, da interista verace, faccio un salto felino dallo sgabello (anche per ripicca a mio padre), così come se si fosse azionato improvvisamente il sedile eiettabile, e con la sola onda d’urto dell’urlo, ne viene un tornado talmento violento che, senza prima invitarla ballare, fa piroettare in modo vorticoso la mia povera nonna che, ignara, stava passando di là con in mano l’impasto delle melanzane ripiene. Fortunatamente nel rocambolesco tentativo d’atterraggio riesco a salvare mia nonna dall’abbattimento al suolo e, ancora più fortunatamente, l’impasto riesce a salvare mio padre dall’accusa di tentato omicidio, perché gli si spalma addosso impedendogli di diventare il mio aguzzino. Avrà pensato, puntandomi guardingo e circospetto: “perché s’è fatta dell’Atalanta? E perché in modo così spregiudicato? Una vita spesa ad insegnarle che bisogna essere interisti non fosse altro che per senso d’onestà”.

“Ma come onestà? Non c’è partita che non prendiamo un palo, prendiamo più pali che punti, ma cosa dobbiamo farcene? E dove li portiamo? C’è forse un mercato nero del palo?
Fatto sta che alla fine, grazie alle lungaggini burocratiche che servono per diseredare un figlio, riusciamo a chiarire l’equivovo prima della firma finale, restare ancora parenti e tifare tutti per l’Inter in maglia bianca. Io e mio padre dico, perché mia nonna, bando alla burocrazia, vuoi per lo spavento, vuoi per la perdita delle melanzane (che io con un po’ di pane riuscii a togliere di dosso a mio padre) mise in moto un’invettiva tale che da quel momento tutti i giocatori in campo, come se investiti da labirintite irreversibile, iniziarono misteriosamente a scivolare, nonostante le apparenti buone condizioni del campo. E infatti non era il campo, erano i chiari sintomi di coliche addominali da indigestione di ortaggi andati a male. Gli effetti sono stati devastanti: Kovacic, dopo dieci minuti di genialità, ha passato piu tempo a rantolare a terra che a dirigere il gioco; tutti hanno iniziato, in modo disordinato, a mandare la palla in fallo laterale e a ‘rimettere’ in campo (e a quel punto il campo si è fatto scivoloso sì!); Alvarez dopo aver segnato, confuso e annebbiato dagli spasmi alla colicisti, ruba ai difensori suoi compagni di squadra la palla che avevano recuperato e consente il pareggio dell’Atalanta; addirittura Handanovic, il caso più grave, piegato dal dolore al fianco per una melanzana piazzatasi con sussiego e prepotenza sulla ghiandola surrenale, è dovuto uscire senza possibilità di replica. E per fortuna che mia nonna, non seguendo il calcio, non conosce Carrizo e l’ha preso per un passante abituale, altrimenti quel paratone salva-risultato non l’avrebbe mai fatto.

Annalisa Insardà

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