Inter, parlano i magazzinieri licenziati: “Ci siamo sentiti parte di una famiglia”

La notizia diffusa ieri sul licenziamento di tre magazzinieri dell’Inter, ha scatenato le polemiche. Oggi arriva la risposta dai sindacati

La notizia diffusa sul taglio dei tre magazzinieri, che erano assunti dalla Società di Viale della Liberazione, aveva già ieri scatenato le polemiche e la solidarietà. Dalla Curva Nord il duro comunicato e lo striscione sotto la sede, per dimostrare vicinanza ai tre lavoratori.

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Steven Zhang, presidente dell’Inter (Getty Images)

Oggi, invece, arriva la risposta della Cgil Milano che al Corriere della Sera, attraverso la voce della Segretaria della Slc milanese Nicoletta Daino, ha affermato: “Nonostante i tentativi messi in campo per trovare soluzioni alternative al licenziamento, come il rimpiego in altre mansioni, l’azienda ha confermato di voler chiudere i rapporti con loro a partire dal 1 novembre. Peraltro data di scadenza del blocco dei licenziamenti stabilito dal Governo”.

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La Segretaria della rappresentanza sindacale, ha proseguito: “Considerando che la somma dei tre stipendi costituisce una minima frazione dello stipendio medio che paga l’Inter ai giocatori, con il club stesso che si fa promotore di valori di uguaglianza e fratellanza, riteniamo questa decisione inaccettabile”.

La voce dei magazzinieri licenziati dall’Inter: “Amiamo questa squadra”

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Steven Zhang (Getty Images)

Dopo le parole della Segretaria della Cgil di Milano, sono intervenuti i diretti interessati. I tre lavoratori licenziati dall’Inter, hanno speso parole importanti per il club. Paolo Di Francesco, 52 anni, ha dichiarato: “Io ho lavorato con tre presidenti: Moratti, Thohir e Zhang. Ho visto passare allenatori, campioni, ragazzi delle giovanili e con i miei colleghi abbiamo messo sempre grande passione. Io amo tantissimo questa squadra. Non siamo manovalanza, ci adattiamo alle direttive e non creiamo problemi”.

L’altro magazziniere che è intevenuto, Daniele Baccarini, ha aggiunto: “Tra i vari incarichi ho avuto anche quello di seguire la squadra in panchina. Comprese le partite decisive nell’anno del Triplete. Come i miei colleghi ho avuto rispetto e umanità da quelle persone che fuori sono viste come inavvicinabili. Ci siamo sentiti parte di una famiglia”.

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