Il calcio, che dovrebbe essere battaglia tecnica fra campioni in campo, è oggi soprattutto conflitto tra passione e profitto
C’era una volta l’estatica unione di intenti fra società e tifo. Un ideale complicato da raggiungere, fra divisioni interne, interessi opposti e inevitabili fraintendimenti, ma formalmente necessario come orizzonte prospettivo per ogni squadra. L’Inter potrebbe aver però deciso di farne a meno. Di smettere anche di provarci, di tendere a quell’utopica sintesi.
Meglio lasciar perdere. Per delusione. Per paura. O, più semplicemente, per evitare problemi futuri, o compiacere chi nel passato recente ha supportato istituzionalmente e giuridicamente il club. Il risultato è che la dirigenza nerazzurra ha deciso di scaricare il tifo organizzato.
Capita che le curve si svuotino per mancanza di entusiasmo. La squadra perde e il pubblico si disaffeziona. In questi casi, per recuperare, si tirano in ballo tanti luoghi comuni. Si parla di passione per il gioco, fede calcistica, appartenenza, resistenza… Anche quando è la convenienza a far svuotare le curve si cercano poi delle giustificazioni retoriche, approfittando dei concetti di sorveglianza, legalità e sicurezza.
La notizia è appunto che l’Inter ha deciso di bloccare il rinnovo degli abbonamenti a centinaia di tifosi della Curva Nord, molti dei quali incensurati, con anni di militanza alle spalle. Formalmente per nuovi criteri etici, che mirano a escludere chiunque sia stato coinvolto anche marginalmente in episodi di violenza o disordine. Il punto è che la norma potrebbe essere stata applicata in modo indiscriminato, colpendo anche chi non ha mai avuto problemi con la giustizia.
Per eccesso di controllo, si mortificano i tifosi storici del club. Sì, generalizzando, la Curva Nord appare come un referente indifendibile. Negli ultimi anni, gli esponenti più in vista del tifo organizzato nerazzurro hanno fatto di tutto per mettersi in cattiva luce, fino a subire condanne per concorso in associazione a delinquere.
Discriminazione contro i tifosi nerazzurri: la guerra fra ultras e società finisce in tribunale
Ma generalizzando si sbaglia, questo è il punto. E generalizzando si snatura l’idea stessa di stadio. Abbiamo a che fare con uno spazio pubblico o con un dispositivo di sorveglianza? Chi decide qual è il tifoso degno di seguire l’Inter? Il pericolo è che si stia davvero provando ad addomesticare il tifo, a epurarlo da quelle presenze che potrebbero involgarire la scena.
Gli avvocati della Curva Nord parlano di discriminazione e violazione del diritto di prelazione. Quindi il tifo organizzato nerazzurro sarebbe pronto ad agire legalmente contro la società nerazzurra dopo il blocco degli abbonamenti per la stagione 2025/2026. A confermare l’intenzione è Mirko Perlino, uno degli avvocati che rappresenterà i tifosi esclusi.
“Nel giro di qualche giorno, dopo la richiesta di delucidazioni, partiranno le azioni civili per discriminazione e violazione del diritto di prelazione“, ha dichiarato l’avvocato a Tuttosport. “Chiederemo anche i danni. Anche perché nella black list sono stati inseriti incensurati, lontani anni luce da qualsiasi azione di disturbo e con anni di abbonamento alle spalle“.
Si annunciano quindi azioni civili in tribunale e richieste di risarcimento danni. Più a fondo, sussiste un problema procedurale. Un condannato che ha già scontato la sua pena non ha diritto di andare allo stadio? La società può decidere chi entra e chi non entra. E, intanto, anche la Curva Sud del Milan starebbe valutando una causa simile, dato che provvedimenti analoghi sono stati adottati anche dal club rossonero.
Le società hanno tutto il diritto di rendere lo stadio un luogo più sicuro. E a nessuno fa piacere che nel tifo organizzato si infiltrino personaggi violenti, prevaricatori e criminali conclamati. Queste persone devono tuttavia essere escluse con gli strumenti del diritto. E non attraverso abusi. La speranza è che l’Inter faccia presto chiarezza, mostrando di aver agito con criterio e nel rispetto di tutte le normative.