Inter, la treccia e il garsùn: “L’ho voluto io”

Rodrigo Palacio (Getty Images)

INTER RODRIGO PALACIO ICARDI OBIANG / MILANO – “L’ho voluto io…”, ha detto ieri Andrea Stramaccioni. Vero in parte. L’ha voluto soprattutto l’Inter. Che almeno in tal occasione ha deciso di assecondare la volontà del proprio allenatore, non molto ascoltato, a dire il vero e per una serie di motivi, nella sessione del mercato estivo. Come per Poli, anch’egli richiesto dal tecnico romano: invanamente, però. Questione di soldi, tanti: oltre 5 milioni ne chiese la Sampdoria per il cartellino del giovane centrocampista, uno dei pochi a salvarsi nella scorsa e fallimentare stagione. L’ha voluto lui, insomma. Ma Rodrigo Palacio sarebbe potuto, e dovuto, arrivare nell’agosto del 2011. Per un motivo semplicissimo: lo aveva chiesto Gasperini a Moratti. Ideale, secondo il mister silurato dopo il tracollo di Novara, per la sua fissazione tattica: il 3-4-3.

Perfetto per ricoprire il ruolo di attaccante esterno, a supporto della prima punta e del centrocampo. Classico gregario, con qualità devastanti nei contropiedi assai bistrattati in Italia, ma che alla fin fine utilizzano tutte le squadre. A trent’anni la grande chance per l’attaccante con la ‘Treccia’. Bussa l’Inter a casa Preziosi, che con un po’ di denari sarebbe disposto a vendersi l’anima al diavolo. Tra plusvalenze, qualche milioncino – ufficialmente undici – e un paio di comproprietà giunge a Milano l’argentino. Parte male, non per colpa sua. E’ l’annoso problema che, come una nuvola colma di pioggia, sorvola da qualche anno il cielo della Pinetina: quello degli infortuni.

Bloccato per guai muscolari da settembre a ottobre, spegne subito i primi mugugni di qualche tifoso e presunto opinionista, che non conoscevano certamente il suo passato: nel Boca Juniors ha dato il meglio di sé – realizzando otto reti in autunno, a ridosso di dicembre, mese in cui, al pari dell’Inter, ha fatto più fatica a coniugare brillantezza fisica e via del gol. L’infortunio di Milito, in Europa League contro il Cluj, nella serata in cui mise a segno una doppietta dopo che entrò proprio al posto del ‘Principe, constrinse Stramaccioni a puntare sulla sua intelligenza calcistica oltre il dovuto, che lo collocò obbligatoriamente in un ruolo non suo: da punta centrale.

Firenze, dove i nerazzurri incassano un pesantissimo k.o., e il derby col Milan sono le ultime partite con il motore a secco che gioca ‘El Trenza’: a Catania completa la rimonta e sigilla a tempo scaduto il gol del definito sorpasso. Si inceppa, come i suoi compagni, in casa col Bologna – nel punto più basso della stagione – risvegliandosi qualche giorno più tardi infilando uno dei quattro gol rifilati dal ‘Biscione’ al Tottenham. Punge, infine, la capolista Juventus, non evitando la sconfitta. Ieri ha particamente vinto da solo la partita: Samp che produce, ma la ‘treccia’ non si fa intimidire: infiersice, tramortisce. Senza Guarin, ieri accidioso e in generale ancora troppo discontinuo, Rodrigo Palacio è rimasta l’unica arma a disposizione di Stramaccioni per tentare l’aggancio disperato alla Champions League. L’ha voluto lui, in fondo.

 

Raffaele Amato

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