Inter, Amarcord nerazzurro: Skoglund, oltre ogni limite

Skoglund

AMARCORD INTER SKOGLUND / Quinto appuntamento con la rubrica di Interlive.it ‘Amarcord nerazzurro’. Oggi ricordiamo un componente del grandissimo tridente di attacco dell’Inter targata Foni. Di quello più bello e sfortunato dei tre: Lennart ‘Nacka’ Skoglund. Nacque nel quartiere Nacka di Stoccolma, da lì viene anche il suo soprannome, nel 1929.

Inter, Skoglund giocatore e uomo senza limiti

Figlio di una famiglia di giardinieri, il ragazzino fin da subito mostra le sue doti e inizia prima a giocare nella piccola Hammarby in terza categoria dal 1946 al 1948, per poi passare all’AIK Solna. Le sue doti vengono subito notate dal commissario tecnico della Nazionale che lo porta al Mondiale in Brasile del 1950, in cui viene subito notato da Inter e San Paolo. Il presidente Masseroni investe 100 milioni per portarlo in nerazzurro, dove esordisce il 5 novembre 1950 contro la Sampdoria a San Siro. Le sue giocate, che mandano subito in estasi i tifosi nerazzurri, e il suo gol decisivo nel derby vinto per 3-2 lo fanno diventare titolare inamovibile. Al termine del campionato 1950/51 saranno 12 le reti segnate con 29 presenze dal biondo attaccante, ma innumerevoli gli assist per i suoi compagni di reparto.

Nel campionato 1951/52 il suo rendimento non sarà lo stesso, anche a causa del suo problema con l’alcol e della bella vita nella Milano tentatrice, che per un bel ragazzo di 23 anni con un portafoglio gonfio era una sirena irresistibile. La squadra nerazzurra quell’anno arrivò terza e il tecnico Aldo Olivieri venne sostituito da Alfredo Foni. Il nuovo allenatore decise di puntare lo stesso su ‘Nacka’, che anche grazie all’amicizia con Benito Lorenzi e al matrimonio con Nuccia Zirilli (ex miss Calabria), tornò ad essere il campione che i tifosi avevano ammirato il primo anno portando lo Scudetto sulla sponda interista del Naviglio. Quel campionato 1952/53 fu perfetto: la formazione del nuovo allenatore lo vinse con 47 punti e con tre giornate di anticipo, miglior difesa con soli 24 reti subite ma con un attacco che stranamente si limitò a segnare solo 46 reti di cui 6 del nostro biondo attaccante. Lui la differenza la fece come sempre con gli assist per i due compagni di reparto. L’anno successivo ci fu il bis, con una lunghissima sfida con la Juventus che solo alla terzultima giornata di campionato si risolse a favore dei nerazzurri.

In quell’annata, le giocate dello svedese fecero ancora più la differenza e mandarono sempre più in visibilio i tanti tifosi che riempivano lo stadio in ogni ordine di posti. Al termine della stagione il suo ruolino fu di 10 reti ma i suoi assist fecero nuovamente la differenza. L’anno successivo, un po’ perché il presidente Masseroni era impegnato a trovare un acquirente per la squadra e un po’ forse per l’appagamento degli stessi giocatori, l’Inter finirà ottava. Nel campionato 1955/56 con il nuovo presidente Angelo Moratti, l’Inter si dovette accontentare di un terzo posto e malgrado un rendimento comunque positivo, visto i 10 gol fatti in stagione, il richiamo dell’alcol continuava a distogliere il nostro campione dalla sua professione. Il biondo svedese rimase in nerazzurro fino al campionato 1958/59 per passare prima alla Sampdoria in cui disputerà due campionati e poi al Palermo in cui giocherà solo 6 partite per poi tornare in Patria e disputare ancora un paio di stagioni nella sua prima squadra, l’Hammarby in cui segnerà anche un incredibile gol direttamente da calcio d’angolo. A ricordo imperituro sia del campione, che di quella rete, fu eretta nel 1984 una statua che lo raffigurava nel quartiere Nacka di fronte alla casa in cui era nato. Nel 1967, anno nefasto per l’Inter, si ritirerà definitivamente dal calcio giocato. Nella squadra nerazzurra disputò 246 partite segnando 57 reti, ma nel cuore dei tifosi rimarrà sempre l’angelo biondo che faceva impazzire i difensori avversari con i suoi dribbling e le sue serpentine, regalando assist al bacio per i suoi compagni di reparto.

In patria viene considerato il più forte calciatore svedese di tutti i tempi, anche se forse la sua stella verrà offuscata da Zlatan Ibrahimovic. Nella nazionale svedese giocò 11 partite segnando 1 rete contro la Germania Ovest, nella semifinale del mondiale 1958 giocato proprio in Svezia, ottenendo un terzo posto nel mondiale del 1950 e un secondo posto, perdendo in finale 5-2 contro il Brasile di Pelé allora 17enne, che ha sempre speso bellissime parole per il biondo svedese, considerandolo uno dei giocatori più forti contro cui abbia mai giocato. Terminata la carriera decise di restare in Svezia, nonostante la moglie e i due figli – Evert nato nel 1953 e Giorgio nato nel 1957 – fossero rimasti in Italia. La sua dipendenza con l’alcol, uniti anche alla lontananza dai suoi affetti più cari, lo spensero lentamente fino alla morte avvenuta nella sua casa l’8 luglio 1975, probabilmente, come per Giorgio Ghezzi, per un infarto ma qualcuno ha anche insinuato l’ipotesi del suicidio. L’angelo biondo è volato in cielo e da più di 40 anni sta insegnando le sue serpentine ai colleghi celesti, a noi restano solo i primi filmati in bianco e nero delle sue gesta, o i racconti dei nostri genitori o nonni che hanno avuto il piacere di vedere questo calciatore regalarci gioie sportive indelebili.

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