Ibrahimovic: “Ecco perché preferii l’Inter al Milan. Su Mancini e Mourinho…”

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Ibrahimovic ai tempi dell’Inter (Getty Images)

IBRAHIMOVIC INTER / Mai banale. Quando parla Zlatan Ibrahimovic dice sempre cose interessanti. E in una intervista a ‘Sky Sport’ per il programma ‘I Signori del Calcio’, l’attaccante svedese ha svelato tantissimi retroscena della sua esperienza italiana. “Al primo anno di Juventus sono stato eletto miglior straniero del campionato, poi è uscito fuori questo problema (Calciopoli ndr) e sono andati in Serie B. C’erano tanti casini: hanno mandato via Moggi e Giraudo… Notavo che il feeling era differente, non mi piaceva più; poi con la retrocessione ho pensato che sarebbero serviti degli anni alla Juve per ritornare a grandi livelli. Volevano che restassi in bianconero rinnovando il contratto, ma a me serviva giocare a livello top per diventare quello che volevo diventare“.

Inter, Ibrahimovic: “Non scelsi il Milan perché…”

Nell’estate del 2006 Ibrahimovic era conteso tra Inter e Milan: “Mino Raiola mi ha chiesto: ‘vuoi diventare il più forte giocatore del mondo o il più ricco?’. Io gli ho risposto: ‘Più forte’. E lui: ‘Bravo, quando sei più forte diventi anche il più ricco’. Quindi la mia scelta non è stata economica. I rossoneri avevano già vinto la Champions, mentre i nerazzurri non vincevano lo scudetto da 17 anni. Io ho pensato: all’Inter sono passati Ronaldo il Fenomeno, Baggio, Vieri, Pirlo e Seedorf e nessuno di questi ha vinto. E io dicevo a me stesso: ‘Se vado all’Inter e vinco, ho fatto una cosa che gli altri non potevano fare‘. Poi se vinci dopo 17 anni, rimani nella storia, non sei uno dei tanti. E’ per quello che ho scelto l’Inter. Lì c’erano Mancini e Branca, che fece di tutto per portarmi a Milano. Ho fatto questo passo, però non è stato la scelta più accettabile per gli juventini”.

Ibrahimovic tra Mancini e Mourinho

Ibrahimovic racconta i suoi due allenatori all’Inter: “Mancini era cool, aveva un rapporto speciale con me perché era un ex giocatore: mi metteva pressione addosso. Nelle ultime 6-7 giornate del campionato, quando non giocavo, la Roma aveva recuperato lo svantaggio, e ci aveva superato a fine primo tempo dell’ultima gara. Io ero infortunato, avevo male al ginocchio, ma mi ricordo cosa disse Mancini: ‘Non mi interessa se sta male o no, lui deve entrare in campo. Il problema è vostro’, ha detto parlando al dottor Combi. Passano venti minuti, siamo ancora sullo 0-0 e pioveva tanto quel giorno. Entro e mi ricordo come è stata l’azione: prendo il pallone, tiro ma la palla va fuori. Seconda azione mi arriva la palla, proprio come prima, vado in mezzo al campo punto la porta, tiro ed entra. Quando la palla è entrata ho visto la gioia sui volti degli altri: quello è il momento in cui capisci che hai fatto qualcosa di differente. E quando vedi queste cose, sei più motivato e hai quell’adrenalina che ti fa sentire untouchable, intoccabile, il più forti di tutti. Come Hulk, anche se così mi ci sento anche normalmente. Mourinho? Quando porti lo Special One, porti tutto il pacco: allenatore e media. Era un tipo che mi stimolava, duro, che ti dà responsabilità. Però, allo stesso tempo, è uno che vuole indietro i risultati; il campionato lo vinciamo, divento per la prima volta capocannoniere con l’Inter: se sei top scorer in Italia, allora puoi diventarlo in ogni campionato. La Serie A è il campionato più difficile perché lì conta vincere, non giocare bene: tatticamente sono più avanti di tutti”.

Calciomercato Inter, Ibrahimovic sul passaggio al Barcellona

Infine Ibrahimovic raccolta il suo addio all’Inter: “Inizia la preparazione per il quarto anno, ma già alla fine del terzo sentivo che volevo un nuovo stimolo, qualcosa di nuovo. C’era la possibilità di andare al Barcellona, che quell’anno aveva vinto la Champions. Ma non era facile portarmi via, visto che il rapporto con Moratti era grande. C’era Maxwell che aveva appena firmato per il Barça, e allora scherzavo con lui dicendogli che gli avrei dato le mie scarpe da portare in Spagna e che poi avrebbe dovuto aspettarmi là. Dopo uno o due giorni, mi sa che si sono incontrati i dirigenti di Inter e Barcellona e dopo 20 minuti era tutto fatto: Mino mi chiama e mi dice ‘andiamo’. Firmato il contratto, ho fatto la conferenza stampa col Barcellona, mi presento al Camp Nou davanti a 70mila persone e mi arriva un’adrenalina che avrei voluto giocare il giorno stesso. Però è stato molto bello, poi la verità sul bacio dello stemma era che è un un ordine dato dal Barcellona ai nuovi arrivati“.

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