AMARCORD INTER VELENO / Settimo appuntamento con la rubrica di Interlive, ‘Amarcord Nerazzurro’. Dopo Lennart ‘Nacka’ Skoglund e Stefano Nyers, tocca al terzo componente di quel fantastico tridente che tante gioie ha regalato ai tifosi interisti: Benito Lorenzi.
Inter, Benito Lorenzi: l’indmenticabile ‘Veleno’
Nato il 20 dicembre 1925 a Borgo a Buggiano, Lorenzi inizia a giocare proprio nella squadra del suo paese in serie C. L’anno successivo verrà acquistato dall’Empoli per 100mila lire per poi essere venduto l’anno dopo all’Inter per 12 milioni. Il suo esordio avviene alla terza giornata del campionato 1947/48 e non è proprio il massimo, visto che verrà espulso, insieme al giocatore Rosetta della squadra piemontese, per “reciproche scorrettezze”. Nel campionato 1947/48 giocò 29 partite segnando 14 reti. I tifosi nerazzurri dopo quell’inizio poco positivo iniziarono ad apprezzarlo nel derby d’Italia del 12 ottobre 1947 vinto dall’Inter per 4-2 grazie anche alla doppietta di Lorenzi che fece ammattire il povero difensore bianconero Rava che non riusciva a capacitarsi e a sopportare gli sberleffi dopo ogni gol di questo giovane ragazzino sfrontato. Dopo l’ennesimo motteggio il calciatore bianconero non ci vide più e tirò un pugno a Lorenzi che schivò il colpo ma prese in pieno l’altro giocatore interista Quaresima: espulsione per il torinese e 5 minuti di tempo per riprendersi per il povero attaccante interista. Nella gara di ritorno giocata il 14 marzo 1948 la Juve vinse 2-0 contro un’Inter priva del suo ‘Gianburrasca’. Al termine di quel campionato vinto dal Grande Torino davanti a Milan e Juventus, l’Inter fu 12esima un’annata sicuramente da dimenticare.
L’anno successivo il presidente dell’Inter Masseroni fece una campagna acquisti faraonica arrivarono soprattutto due attaccanti molto importanti come Amadeo Amadei dalla Roma e Istvan Nyers che con Lorenzi formarano un trio d’attacco fenomenale anche se fu con Foni e Skoglund che l’Inter costrui le sue vittorie negli anni successivi. Il campionato 1948/49 oltre ad essere ricordato per la tragedia di Superga vide i nerazzurri tornare ad essere competitivi con un ottimo secondo posto in campionato, ma soprattutto con ‘Veleno’, soprannome che non avevano coniato i giornalisti per lui ma che mamma Ida gli aveva affibbiato da bambino, visto che era un terremoto che non stava mai fermo. In quel campionato Lorenzi fu autore nuovamente di 14 reti con 30 presenze, in compenso i suoi due compagni di reparto Nyers e Amadei segnarono 26 e 22 reti e furono i due cannonieri principi di quel torneo. Il campionato successivo l’Inter fu terza dietro alle sue rivali storiche ma in compenso Lorenzi era riuscito a farsi odiare da diversi giocatori soprattutto bianconeri: a Giampiero Boniperti diede della Marisetta, soprannome che il calciatore e poi dirigente bianconero non ha mai sopportato, mentre al gigante buono John Charles spiegava come la regina Elisabetta fosse una signora di facili costumi, offesa che non fece effetto visto che l’attaccante era gallese.
Nel campionato 1949/50 ‘Veleno’ fu autore di 15 reti in 31 partite. Dopo la tragedia di Superga l’attaccante nerazzurro prese sotto la sua ala protettrice i due figli del capitano del Grande Torino Valentino Mazzola, Sandro e Ferruccio, erano le mascotte della squadra e assistevano spesso alle partite dalla panchina. Nel campionato 1950/51 in nerazzurro arrivò Lennart Skoglund che sostituì Amadeo Amadei passato al Napoli. L’Inter si piazzò al secondo posto per un solo punto ma Benito Lorenzi divenne la chioccia dei suoi due compagni di reparto e soprattutto di Lennart Skoglund anche se alla fine non riuscì a salvarlo dal suo tragico destino. In quel campionato ‘Veleno’ segnò 21 reti in 37 partite e come al solito fece ammattire i difensori bianconeri: doppietta sia nella partita giocata a San Siro il 3 dicembre 1950 vinta 3-0 dall’Inter e vittoria anche nella gara di ritorno per 2-0, grazie ancora a ‘Veleno’ autore di entrambe le reti. I due anni successivi videro l’Inter vincere due Scudetti trascinata da quel trio che anche se litigava in campo, mandava in estasi il popolo nerazzurro. Un aneddoto racconta di un colpo in testa di Lorenzi a Nyers dopo che l’apolide aveva sbagliato un gol facilissimo a Firenze contro i viola. L’attaccante offeso fece per uscire dal campo ma Lorenzi lo richiamò all’ordine, Nyers poi segnò di testa, non certo la sua specialità e si mise a inseguire ‘Veleno’ per rendergli pan per focaccia. Nel campionato 1952/53 Lorenzi segnò solo 12 gol in 30 partite come l’anno successivo dove però disputò solo 28 incontri. Dopo i due Scudetti vinti, il campionato 1954/55 fu avaro di soddisfazioni con la squadra nerazzurra orfana di Nyers passato alla Roma, che si dovette accontentare di un misero ottavo posto. Anche Lorenzi giocò solo 20 partite ma riuscì comunque a segnare 12 reti.
Il campionato 1955/56 fu il primo con il presidente Angelo Moratti, che aveva rilevato il club da Masseroni, i nerazzurri si piazzarono al terzo posto dietro a Fiorentina e Milan e per Lorenzi quell’anno i gol furono solo 10 in 24 partite. Il suo ultimo anno in nerazzurro, quello del 1957/58, lo vide però protagonista nel derby del 6 ottobre. La squadra nerazzurra conduceva 1-0 grazie al gol su rigore di Vincenzi, quando l’arbitro Lo Bello a pochi minuti dalla fine decretò un rigore anche per il Milan. Durante le proteste di rito ‘Veleno’, dopo essersi fatto dare un mezzo limone lo mise, senza farsi notare, sotto il pallone che l’attaccante rossonero Cucchiaroni stava per calciare. L’effetto fu esilarante con i tifosi rossoneri che provarono ad avvisare il loro giocatore che non li ascoltò e mandò il pallone a sei metri dalla porta e con Lorenzi che al termine della partita, scappa negli spogliatoi per evitare di essere raggiunto dai tifosi avversari inferociti. Dopo quel gesto l’attaccante interista che era, a differenza di Skoglund e Nyers, irreprensibile e cattolicissimo fuori dal campo, si confessò per quel comportamento poco sportivo e il parroco, che era interista, gli diede l’assoluzione piena. Si narra che in tutta la sua vita abbia saltato soltanto una messa perché si trovava in Sicilia e non aveva trovato una chiesa. Nel derby di ritorno giocato il 23 febbraio fu autore del gol del vantaggio nerazzurro, la partita teminerà 2-2 e l’Inter alla fine di quel campionato si piazzerà al nono posto.
Passò prima all’Alessandria in serie A e poi terminò la carriera nel Brescia in serie B l’anno successivo. Nella squadra meneghina giocò 305 partite in campionato segnando 138 reti, 6 partite nelle coppe nazionali con 2 reti e 3 partite nelle coppe europee con 3 reti. In nazionale vanta 14 presenze e 4 gol. L’arrivo di Lorenzi in nerazzurro riportò alla vita il tifo interista, dopo un periodo in cui prima il Grande Torino e poi il ritorno alla vittoria dopo più di 40 anni del Milan degli svedesi e della solita Juve, era andato abbastanza in depressione e quei due scudetti consecutivi vinti, dopo 13 anni di digiuno, fecero tornare oltre che il sorriso anche quell’orgoglio di appartenenza che si era sopito. I suoi comportamenti, quel suo modo di irridere gli avversari dopo un gol, lo fecero amare dal popolo nerazzurro e temere e odiare dai tifosi avversari.
Giocatore indimenticabile per chi ha avuto il piacere di vederlo giocare, o per chi andando allo stadio, in tempi abbastanza recenti, lo incontrava sul piazzale dello stesso che faceva le gimcane sulla sua automobile in mezzo ai tifosi nel piazzale antistante lo stadio, che vedendolo anziché redarguirlo lo salutavano cordialmente, magari anche per sentire una delle sue battute da buon toscano verace che facevano a gara con quelle di Peppino Prisco. Il 3 marzo 2007 mentre era ricoverato all’ospedale Sacco di Milano, ‘Veleno’ lascerà per sempre la sua Milano per entrare nell’Olimpo dei campioni del Cielo, lui che anche con il Cardinale Martini scherzosamente spiegava la sua filosofia cattolica: “Il corpo peccava, lo spirito rimaneva negli spogliatoi”.