La tragedia che nel febbraio 1992 ha macchiato la storia nerazzurra è ancora avvolta nell’ombra, nessuna pista ha mai portato alla verità
Era una fredda mattina del lontano 18 febbraio 1992 quando, in concomitanza con lo scoppio dello scandalo di Tangentopoli, Roberto Klinger – membro dello staff medico dell’Inter di Herrera e Moratti – venne raggiunto da tre colpi di pistola che gli risultarono fatali.
Uno al capo, due al torace. Il tutto davanti alla propria abitazione, sita in Via Muratori in Milano, ove si trovava anche la sua auto, una Fiat Panda, all’interno della quale era già salito con l’intento di recarsi a lavoro.
Secondo le primissime testimonianze raccolte dalle autorità, un gruppo di studenti avrebbe annotato la sospetta presenza di un giovane uomo, alto e fisicamente prestante, dalla capigliatura riccia ma dal volto celato.
Proprio colui la cui mano avrebbe consumato l’omicidio di un uomo stimato, sempre composto, estraneo alle vicende politiche del tempo, con brutale efferatezza e la professionalità da serial killer.
Ma quindi chi avrebbe stretto in pugno quella pistola? Klinger si era fatto dei nemici? Ecco tutto ciò che sappiamo a distanza di trentatré anni da uno dei misteri ancora irrisolti della cronaca nera italiana.
Il mistero dell’omicidio di Klinger del ‘92, tante ipotesi e mai nessuna risposta
I rilievi balistici confermarono che la pistola utilizzata dal killer era una versione giocattolo modificata affinché potesse esplodere proiettili veri, calibro 7.65. Ad aver ucciso Klinger, quindi, non sarebbe stato affatto un principiante qualunque.
Pertanto, fu piuttosto facile escludere alcune delle piste fino a quel momento prese in considerazione dagli inquirenti.
Anzitutto, come ricostruito da ‘Il Giornale’, all’interno dell’abitazione di Klinger tutto restò intonso: nessun oggetto rubato, non un monile fuori posto. L’omicidio, dunque, non era legato ad una rapina fine a sé. Dietro, piuttosto, ci sarebbero stati altri interessi. Ma di che tipo? Difficile a dirsi, ancora oggi.
Al tempo, Klinger venne contattato da un suo collega ortopedico milanese. Quest’ultimo gli chiese di far causa alla clinica presso la quale entrambi prestavano servizio, al fine di ottenere un copioso risarcimento.
Il rifiuto di Klinger, tuttavia, non avrebbe scatenato alcuna reazione avversa, nonostante il collega fosse stato indagato per il possesso di più di sessanta tipi d’arma da fuoco differenti. Il profilo fisico dell’uomo, oltretutto, non corrispondeva affatto a quello riportato dagli studenti in fase d’indagine. L’ortopedico era infatti calvo, claudicante e di diversa statura.
Alcuni giorni dopo l’omicidio, sopraggiunse poi una lettera firmata Falange Armata. Nome associato ad una serie di delitti consumati proprio in quegli anni dietro presunti movimenti a stampo mafioso.
Nel 2024, gli ultimi rilievi hanno confermato che la pistola calibro 7.65 modificata fu la stessa impiegata per un altro omicidio appena un anno prima in Vicenza, da uomo appartenente al movimento della Falange Armata. Uomo che, in ogni caso, nel ’92 si trovava già in carcere.
Tutto ciò che rimane di quella notte sono solo una manciata di indizi privi di appigli utili, qualche nome da depennare. L’intera struttura societaria dell’Inter del tempo ne venne davvero sconvolta. Così come sconvolti rimasero i tanti appassionati dell’epoca e quanti ancora oggi cercano risposte per un caso irrisolto.