Si presentò a Coverciano per la Panchina d’Oro da ex allenatore dell’Inter
Correva l’anno 1998. Meno di un mese a Natale: la data precisa è il 30 novembre. Una data indimenticabile per gli interisti, perlomeno per quelli dai 35/40 anni in su: quel giorno Gigi Simoni disse addio all’Inter.
Un addio forzato, eh già, perché in realtà lo mandò via Massimo Moratti al tempo ancora un mangia allenatori come pochi: l’esonero avvenne all’indomani del sofferto successo per 2-1 contro la Salernitana, ma anche nelle stesse ore in cui al tecnico di Crevalcore veniva consegnata la Panchina d’Oro per quanto fatto dalla sua squadra la stagione prima.

Proprio per questo quell’esonero è definibile clamoroso quanto assurdo. È vero, Baggio e compagni non stavano rispettando le attese, in campionato erano già arrivate quattro sconfitte, ma nell’ultimo periodo la squadra aveva dato segnali a dir poco incorragianti. Per esempio in Champions, dove aveva appena battuto il Real Madrid al ‘Meazza’ trascinata proprio da Baggio.
Come rivelò a caldo lo stesso Simoni, il licenziamento gli venne comunicato nel pomeriggio di quel 30 novembre. Sono le 17.30 circa, squilla il telefono del mister; dall’altra parte c’è Sandro Mazzola, il Ds di quell’Inter: “Mi disse solo che ero stato esonerato – disse l’allenatore emiliano – Per ora non ho parlato nè col presidente né con altri dirigenti”.
In pratica Simoni si presentò a Coverciano per la Panchina d’Oro da ex allenatore dell’Inter, in pratica da disoccupato. Il feeling con Moratti, poi ritrovato molti anni dopo, si era ormai perso da tempo. Simoni era stato virtualmente esonerato già quasi al termine della precedente stagione, dopo aver perso – in quell’annata scandalosa dal punto di vista arbitrale. Ceccarini, do you remember? – il duello Scudetto con la Juventus di Lippi.
Lo sapevano tutti, anche lui, che Moratti aveva già raggiunto un accordo con Zaccheroni, ovvero con il tecnico della sorprendente Udinese. Poi, però, accadde l’impronosticabile, ossia la vittoria della Coppa Uefa, con la super Lazio di Eriksson strapazzata al ‘Parco di Principi’ di Parigi per 3-0. A quel punto Moratti non poté, oppure non se la sentì di cacciarlo mandando a monte l’intesa con Zaccheroni, il quale firmò col Milan vincendo il campionato un anno più tardi.
Ma questa, per dirla alla Carlo Lucarelli, è un’altra storia. Quella di Simoni, che poi venne rimpiazzato da Lucescu (a sua volta da Castellini e a sua volta da Hodgson…) con l’Inter finì però solo sei mesi dopo, in un modo alquanto triste.
Forse è pure per questo, oltre alla serietà e gentilezza dell’uomo, che Simoni (scomparso il 22 maggio 2020) è rimasto e per sempre rimarrà nei cuori dei tifosi nerazzurri. E anche di Moratti, che si pentì di quella decisione di un brutto 30 novembre 1998.